La scomparsa di Gore Vidal mi raggiunge mentre sono ancora in vacanza. Di lui ho letto e soprattutto saputo direttamente dalla viva voce dell’indimenticato amico comune Gianfranco Corsini, che ha portato più volte la parola di Vidal su il manifesto attraverso interviste o suoi scritti. Su questo blog parlo essenzialmente di automobili, di cui sospetto che a Gore Vidal interessassero nulla. Ma voglio ricordare che Eugene Luther – Gore sarà il suo nome più tardi – all’età di dieci anni finì sui cinegiornali per aver pilotato un piccolo aereo da turismo (altro che quattro ruote). Suo padre era pilota e direttore dell’aviazione civile staunitense negli anni ’30 su nomina di Roosevelt. E cito la risposta che Vidal diede a un intervistatore alla fine degli anni ’60, quando gli si chiede se preferirebbe essere un uomo politico capace di lasciare un’impronta sulla società o uno scrittore capace di cambiare il modo di pensare del suo tempo (tutto questo grazie ancora a Gianfranco e alla sua prefazione di “La fine dell’impero”). “Per me – risponde Vidal – la parola chiave è cambiare. Non m’importa il modo in cui lo faccio” (può valere anche per il mondo dell’auto, vi pare?)

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