L’amministratore delegato di Fiat-Chrysler Sergio Marchionne non sbaglia quando definisce aggressive le politiche commerciali del gruppo Volkswagen (per altro studiate dal suo ex studente Luca De Meo, fino a poche settimane fa direttore marketing del gruppo tedesco). Né sbaglia quando vede nella FIOM un muro a difesa del lavoro e della democrazia, né infine sbaglia quando vede in alcune sentenze della magistratura italiana una minaccia ai suoi piani. Marchionne sbaglia soltanto quando non riesce a vendere le sue auto e a produrre modelli più attraenti di quelli della concorrenza, come sta accadendo in casa Fiat. Il resto è comunicazione, ininfluente.
Marchionne non sbaglia
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Ma soprattutto, Marchionne rappresenta, in perfetta continuità con i suoi predecessori,quella”cultura”sabauda, savoiarda e meschina,predatrice,arrogante, sostanzialmente priva di una vera strategia industriale,incapace di resistere alle cicliche crisi da sovrapproduzione immanenti al modo di produzione capitalistico.Questo ci lascia in eredità lo “stile”monarchico dei regnanti di Torino:un’azienda automobilistica che,oltre a produrre quello che produce,si è sempre vantata,ed è fin qui stata,una monarchia governata da un sovrano!Il prezzo pagato dai lavoratori sta ampiamente dimostrando il fallimento di quella”cultura”.Un caro saluto
Ed invece Marchionne non sembrerebbe sbagliare neppure nell’aver congelato gli investimenti per nuovi modelli.
Le carneficine di Opel e PSA, che si stanno dissanguando pur con modelli assai apprezzati di buonissimo successo relativo ma troppo risicato in termini assoluti nel Mercato contratto Europeo,
sembra dar ragione a chi, grazie al supporto delle controllate estere, qui in Europa si mantiene ibernato in coma farmacologico, puntellandosi con il minimo indispensabile di novità e qualche “cash cow” che continua a far cassa “netta” pur perdendo quote, avendo oramai ammortizzato gli investimenti(vedi Punto)
Gli unici che tirano avanti in Europa son quelli che riescono a vendere fuffa facendosela pagare prezzi spropositati, grazie al blasone guadagnato nelle decadi scorse.
E in questo il problema dei marchi italiani ha ahimè radici ben lontane…
Da appassionato scoccia ammetterlo ma il Maglionico fin ora ne ha sbagliate davvero poche.
Il resto, appunto, è Comunicazione.
Ma guarda che astuzia,questo Marchionne!Riesce a mantenersi a galla “ibernato”con qualche cash cow(?),limitando i danni provocati da un eccesso di produttività e riscuotendo i buoni risultati delle vendite della Punto,naturalmente con le quote di investimento già ammortizzate!Quindi profitti salvi,nonostante quote di mercato europeo e non solo, in caduta libera!Peccato,però,che questi “brillanti”risultati,li abbia ottenuti instaurando nelle sue”avanzate”fabbriche un clima di terrorismo che ricorda molto il trattamento degli schiavi neri nelle piantagioni di cotone della Lousiana.Sorvolando, poi,per carità di patria, sulle sempre generose mani pubbliche,pronte a sostenere e ad elargire all’occorrenza,fondi consistenti di danaro(pubblico,of course).In un quadro cosi favorevole al comando d’impresa, i risultati sono alquanto modesti, poco rassicuranti sulla presenza in futuro della fiat in Italia.La famosa cuoca di Lenin avrebbe certamente fatto meglio!Ah,già,ma questo non è “moderno”!Il resto,appunto,è Propaganda.
Caro luciano,
per “cash cow” si intende esattamente quel che hai compreso: un prodotto maturo che pur non pienamente competitivo in termini di appeal con la miglior concorrenza continua a dare il suo buon flusso di cassa.
Credo comunque sia un po’ azzardato paragonare le condizioni di lavoro negli stabilimenti Fiat allo schiavismo,
per carità ci sono stati casi di discriminazione da condannare,
ma per il resto mi pare ci sia semplicemente allineati a sistemi e procedure che, da quel che ho letto finora, sono assolutamente normali per una moderna produzione, forse solo stridenti con il precedente lassismo ed incontrollabilità degli stabilimenti.
Poi, certo di Propaganda ce n’è sempre,
ma francamente mi pare che la FIOM sia campionessa a riguardo…