In 60 secondi connessi a internet succedono cose da pazzi. Così tante che nello stesso tempo forse in auto riesco solo ad avviare il navigatore. On line, ogni 60 secondi scattano 2 milioni di ricerche sul motore Google, 27.800 caricamenti di foto su Instagram, 278.000 tweet, 1.875.000 like su Facebook,  200.000 (“low estimate”, avvertono gli statistici), visioni di siti porno.  Parola di openculture.com

Accidenti. Salgo in auto con un cronometro e provo, sperando che qualcuno non s’attacchi al clacson perché vuole il posto in un nanosecondo, a Roma capita…  Solo su una Porsche 911 (che non ho) so sempre esattamente dove infilare la chiave, una delle poche cose di sinistra rimaste.  In 60 secondi, il bluetooth per collegare il cellulare è un terno a lotto. La radio è facile, ma nemmeno il tasto d’accensione non è più sempre in alto a sinistra, come sulle auto di una volta. Cinture, già oltre i 60 secondi… almeno nessuno ha strombazzato.

Beati in Ferrari: ogni 60 secondi si vendono 95 prodotti con il logo del Cavallino, dice al Financial Times Andrea Perrone, che gestisce più di 50 Ferrari Store in giro per il mondo e attività su licenza.

Tornando alle nostre macchine, domani potrebbe andare peggio in quanto a complicazioni.  L’auto si sta trasformando in un wi-fi spot,  sempre connessa non per guidare meglio ma per non perderci nulla di quel che molto, francamente, è perdibile.

Dan Akerson, numero uno di Gm, un manager totalmente di cultura finanziaria, ha annunciato l’altro giorno a Boston che entro il 2015 molti veicoli del gruppo saranno dotati di connessione 4G LTE. Auguri. Akerson, come i suoi omologhi concorrenti, è costretto a puntare su un mondo che capisce ma che (forse) non sa usare. Gm stima che negli Stati Uniti la gente usi smartphone e tablet mediamente per 2,5 ore al giorno, ben al di là delle 15 ore che la gente passa a guidare la propria auto in una settimana.

Su queste e altre tecnologie, il concorrente Ford ha messo a punto un cambio di comunicazione strategico. Per forza e non (solo) per amore: deve recuperare soldi in Europa dove i conti non tornano, con perdite di 1,75 miliardi di dollari nel 2012 (-15,9% nei primi 4 mesi 2013).  Per farlo, prevede anche una diversificazione degli investimenti pubblicitari.

Funzionerà? Il problema è che tutti i costruttori puntano (in modo diverso per impegno e capacità) sulla tecnologia, in attesa di avere la macchina sempre connessa e poi una che si guida da sola.  Ford però sembra voler rendere piuttosto coerente la comunicazione, oltre che accessibili i costi di diverse opzioni. Se si va su Ford.com, appare subito la maschera con tutti i dispositivi, legati all’immagine dello spot che contemporaneamente passa in tv e su tutta la gamma di schermi attraverso i quali oggi un lettore/consumatore si informa.

Con nuove abitudini. Al mattino tramite smartphone, più tardi su un pc (è anche l’ora in cui qualcuno leggerà ancora la carta, di fatto un altro schermo),  la sera in tv e poi su un tablet.  Il problema è che non è sicuro che chi guarda, poi compra.  Meno che mai in questa Europa depressa dei consumi. Ma questa è un’altra storia. E altri dubbi vengono se, almeno in Italia, il tempo di lettura on line sui siti dei maggior quotidiani è stimato in 70 secondi. Quelli che non ho nemmeno quando mi metto al volante…

 

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