ArcelorMittal come Psa? Dietro la crisi del mercato dell’auto europeo che tuttavia avrebbe toccato il fondo, secondo il numero uno di Ford Europa Stephen Odell, avanza la crisi dell’acciaio. Che soffre di cose che conosciamo bene nel mondo parallelo delle quattro ruote: sovracapacità produttiva, margini sempre più esigui (per chi ce l’ha ancora), dominio cinese che sta puntando a esportare di più. Un altro grosso guaio all’orizzonte per i lavoratori del settore come per quelli della Fiat, della  Renault o della Peugeot e – se continua così – dei marchi tedeschi.

Un po’ di numeri per capirci. Nel 2012, in Europa la metà dell’acciaio prodotto è stato utilizzato dall’industria delle costruzioni, che a sua volta è in crisi profonda. Il consumo si è fermato a circa 145 milioni di tonnellate, cioè il 30% in meno rispetto al 2008, quando la crisi generale è esplosa.  L’automobile ha fatto peggio: -8,2% nel 2012, scendendo a un livello di vendite che non si registrava dal 1995.

L’acciaio non si piega solo in America. Nel 2013 si prevede un aumento dei consumi del 2,8%, e sapete perché? Ci sono segnali di crescita, l’energia costa molto meno (in Italia è addirittura più cara del 30% rispetto alla media europea, e abbiamo il buco nero Ilva), il mercato dell’auto continua a crescere e dunque a richiedere materie prime.

La Cina, dove si fa più o meno la metà della produzione mondiale, esporta poco, circa 30/50 milioni di tonnellate all’anno rispetto alle 750 milioni di tonnellate fatte in casa.  Ovvio che l’export venga spinto, perché anche lì cominciano a soffrire un po’ di sovraproduzione. Ma a quale prezzo e quali prezzi? Chiudo con quel che sembra un corso e ricorso vichiano: nel 2006 la complessa fusione d’acciaio ArcelorMittal (francese la prima, anglo-indiana la seconda) è stata compiuta  da Philippe Varin. Lo stesso manager oggi a capo della malmessa Psa, e promessa sposa a Gm. Che storie.

 

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