Toyota Nissan Honda Mitsubishi, i magnifici (in questo caso) quattro costruttori di veicoli più importanti del Giappone, hanno messo fuori un bando per co-finanziare, d’intesa con il governo, gli installatori di stazioni di ricarica delle auto elettriche. C’è da svenire a leggere una simile notizia, soprattutto se la si legge in Europa, per finire dritti stesi se la si legge in Italia. Un paese dove il costruttore nazionale, il gruppo Fiat, ha deciso finora di non fare né auto elettriche né ibride.
In Giappone, il via libera alle domande degli installatori è partito il 12 novembre. Alla vigilia del Salone dell’auto a Tokyo, in corso in questi giorni. Per capire l’entità e la serietà dell’operazione bisognerà aspettare un po’. Ma il dado è tratto.
In sostanza, i quattro costruttori si sono impegnati con il governo a coprire quella parte di costi dove non arriva la mano pubblica. Ci sono condizioni per ottenere questi finanziamenti: sarà più facile per quegli operatori che prevedono da subito stazioni presso supermercati, centri commerciali, alberghi, aree di servizio stradali e autostradali. Lì, insomma, dove vive la gente normale che è poi quella destinata a fare grande – un giorno – il mercato delle quattro ruote a zero emissioni. Oggi ancora dai numeri ridotti ovunque nel mondo, anche per l’esiguità delle reti di ricarica.
Senza entrare nei dettagli economici delle sovvenzioni (per chi conosce il giapponese (!), qui ci sono altre info), è evidente che Toyota Nissan Honda e Mitsubishi ricominciano a giocare in casa una partita che finora hanno perso come tutti (Toyota con l’ibrido esclusa), con l’idea di vincerla ed esportarla il più possibile. Tanto più che sempre in casa una uscita dal nucleare è all’ordine del giorno, dopo gli immani disastri di Fukushima. Vogliono farlo, vendendo più auto elettriche e ibride plug-in allargando la rete. Un po’ come fece – con altri mezzi e più o meno cent’anni fa – il vecchio Henry Ford, che aumentò lo stipendio ai suoi operai finanziando così anche la vendita delle proprie automobili.
La domanda che pongo: ma perché l’Acea, l’associazione dei costruttori di auto operanti in Europa, non tratta con la Commissione europea per co-finanziare insieme un piano di infrastrutture destinate alle stazioni di ricarica di auto elettriche? Perché Bruxelles può decidere sulla finanziaria o legge di stabilità di ciascun paese Ue ma non mette bocca sulla mobilità sostenibile, coinvolgendo o premendo su aziende private in nome del bene comune? Utopia? Miopia?
Non è che in Giappone ci siano molte risorse in più in tempi di crisi, anche se il governo Abe tiene basso il valore dello yen con l’obiettivo da una parte di salvaguardare il manifatturiero (l’auto c’è) e dall’altra di far ripartire l’economia. Confermando però che la politica deve stare al volante, non l’economia. Vecchia storia.
Tutte i dettagli disponibili in italiano al suddetto link.