Puoi vendere un’auto senza marketing? L’industria giapponese ci riesce. Semplicemente perché il marketing in Giappone non esiste. Non ci credete? Provate a leggere qui un interessante testo scritto da Robert E. Peterson, manager che ha lavorato per più di 30 anni con Toyota (questo il suo profilo su Linkedin).  Il marketing, secondo Peterson, ha in Giappone un ruolo secondario nel processo decisionale di un qualsiasi modello di business. Questo per tre motivi.

Il primo ha dell’incredibile: non esiste una traduzione in giapponese della parola marketing. Per questo, nonostante alcuni tentativi, più simili però al concetto di ricerca di mercato o di vendita promozionale, il termine marketing in Giappone non può essere compreso in pieno dagli interlocutori.

Il secondo si riconduce a ragioni storiche: durante il periodo Edo (1603-1868), scrive ancora Peterson, in Giappone è stato creato un ordine sociale chiamato shinokosho che divideva la società in quattro classi sociali. I samurai erano al top come grande esempio morale. I contadini al secondo piano, in quando produttori di cibo, gli artigiani come creatori di utensili e oggetti al terzo, i mercanti all’ultimo perché generatori di ricchezza senza però produrre alcun oggetto. Per Peterson, se gli ingegneri in Giappone oggi sono riconducibili ai samurai, il marketing sarebbe all’ultimo posto della classificazione societaria alla pari dei mercanti del periodo Edo. 

L’ultimo punto è l’istruzione: il marketing è insegnato poco e male alle università giapponesi. I professori non hanno l’esperienza dei colleghi occidentali e nessuna compagnia giapponese ha dei corsi e programmi di training per il marketing. Non solo: chi vuole far carriera non passa per il marketing. Non è un caso che spesso anche le aziende più grandi non abbiano al suo interno la posizione del CMO e si preferisca delegare il marketing ad agenzie di pubblicità esterne.

Nel suo testo Peterson scrive un esempio concreto, il lancio dell’iPod. Apple disse semplicemente,  “iPod. One thousand songs in your pocket”, un’azienda giapponese avrebbe presentato lo stesso oggetto così: “Today we are introducing a new, portable music player called the Easy-Carry XVZ-22R. It weighs a mere 6.5 ounces, is about the size of a shirt pocket, and boasts voluminous digital capacity, long battery life, and lightning-fast transfer speeds. We will be introducing many variations of the Easy-Carry XVZ-22R that incorporate different functions and feature different colors.”

Mobilityscape Tokyo 2013Il risultato? Per Peterson è chiaro: “La riedizione del film “L’ultimo samurai” potrebbe chiamarsi “L’ultimo ingegnere”, un uomo di grande moralità e … pochi clienti“. Siamo proprio sicuri? Come spiegare allora i volumi raggiunti dall’industria giapponese proprio negli Stati Uniti dove il marketing è una vera e propria religione di vita? E se alla fine avessero ragione in Giappone? Se la forza del marketing fosse sopravalutata?

Peterson avrà ragione … Mi tornano però in mente i 13 capi dell’industria giapponese sul palco dell’assemblea della Jama (locale associazione costruttori a 2 e 4 ruote) qualche ora prima dello scorso Tokyo Motor Show, uniti dalla parola monozukuri: eccellenza del prodotto e miglioramento continuo della qualità e del processo produttivo. Da qui sono riusciti a ripartire a testa bassa dal terribile incidente di Fukushima e dall’alluvione in Thailandia (dove hanno alcuni stabilimenti). E senza sapere nulla di marketing.

Commenti
    Avatar autore

    Tesi interessante e provocatoria. In estrema sintesi (mi perdoni Kotler !) il Marketing è “che cosa vendere, a chi, come, e quando”, processo che i Giapponesi hanno dimostrato di conoscere e di saper gestire bene. Negli USA Toyota, ad esempio, quasi da subito mise alla testa della sua filiale un CEO loicale, proprio per riuscire a far tradurre il suo appraccio razionale in emozioni…. e questo vuol dire conoscere il marketing !

    […] Spot auto? “Quando non capisci di cosa parla una pubblicità, allora vuol dire che è la pubblicità di una macchina”, scrive Piccolo. Ovviamente parla di quel che vede in Italia, dunque di spot nati in Europa per l’Europa – a volte poco adatti per alcuni paesi. Ed è noto che il marketing non è sempre all’altezza. […]

Lascia un commento