Difficile resistere alle sirene del mercato. La racconto da lontano. Aprile 2013, il quotidiano sudcoreano Financial News lancia la notizia: Hyundai (e di conseguenza Kia) avrebbe in progetto un nuovo stabilimento produttivo in Georgia negli Stati Uniti e cita il nome in codice dell’impianto KMMG 2. L’anticipazione è però subito smentita da Hyundai come potete leggere in questo articolo pubblicato dalla Reuters.

Ottobre 2013, a Seoul ho l’occasione di parlare con Thomas Oh, vice presidente esecutivo di Kia Motors: mi conferma che “non c’è nessuna intenzione da parte del gruppo di aprire un nuovo impianto negli Stati Uniti o in altra parte del mondo”. L’ultima espansione dei coreani rimane quella del 2012 con l’apertura del primo impianto in Brasile e il terzo in Cina. L’obiettivo, sottolinea Oh, è “la qualità più che la quantità“. Non è un caso allora che solo un mese dopo Kwon Moon-sik a capo della ricerca e sviluppo di Hyundai si è dimesso. Oh poi aggiunge, riferendosi a Kia ma il discorso può essere esteso a Hyundai: “L’aumento delle vendite è secondario, dobbiamo migliorare l’immagine del marchio. Abbiamo lavorato molto su design, qualità e innovazione, il pubblico però ancora non lo percepisce”. Il problema è chiaro: con un passato low-cost ancora ingombrante, non si potranno aumentare prezzi e profitti. Che di per se, i secondi, sono comunque già alti: nel 2013 il gruppo coreano ha raggiunto profitti del 9,5%. Numeri da marchio premium più che da generalista. Per dare un’idea i giapponesi di Nissan hanno come obiettivo a medio termine dell’8%. E’ proprio per “non rompere l’equilibrio creato finora che pensiamo di non aumentare la nostra capacità produttiva”, mi aveva spiegato Oh. Non solo: i sindacati interni sembrano essere molto combattivi nei confronti di nuovi impianti produttivi al di fuori dei confini della Corea del Sud e hanno dato dura battaglia a colpi di scioperi al management Hyundai facendo perdere negli ultimi 4 anni oltre 215 mila vetture e circa 4 miliardi di dollari.

Arriviamo ai giorni nostri. Il mercato ha vinto: con i 7,86 milioni di veicoli Hyundai e Kia previsti per il 2014 (circa il 5% in più rispetto al 2013) e una capacità degli impianti ormai prossima al 100% (negli Stati Uniti alcune linee lavorano già al 125 – 130%) un nuovo stabilimento è necessario. E’ ancora la Reuters a dare la notizia: potrebbe essere in Messico 8di sponda per il mercato nord-americano) o il quarto in Cina. Dietro quella, che all’apparenza sembra una repentina retromarcia rispetto alle parole di Thomas Oh, c’è l’elezione a capo del sindacato dei lavoratori di Hyundai di Lee Kyung Hoon: un moderato che ha retto già l’Union dal 2009 al 2011 senza alcun sciopero. Ora l’espansione può continuare.

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