Immagino abbiate letto l’intervista di Marchionne a Repubblica, uscita venerdì 10 gennaio. Apparentemente non c’è notizia. Bisogna cercarla tra le righe e alla fine ne ho trovato due. Una la dico subito, anche perché inspiegabilmente non è segnalata in nessuno dei sette sommari che ornano le due pagine: Marchionne definisce per la prima volta “misura adatta” un nuovo bond convertendo. L’ipotesi circola da tempo, ma ora è lui a confermare che ci starebbe pensando. Un’idea magnifica per la famiglia Agnelli-Elkann, che così può evitare di mettere soldi di tasca propria per un aumento di capitale.

Nell’intervista, ci sono da parte di Marchionne: 1)  molto comprensibile orgoglio per la conquista della Chrysler e l’accordo del 2009 con l’amministrazione Obama; molte promesse sul ritorno al lavoro in fabbrica per gli operai degli stabilimenti italiani quando arriveranno finalmente le nuove auto, ma attenzione, sempre mercato permettendo; e molte parole sul cambio di strategia del gruppo, Fiat da marchio generalista a produttore di soli due modelli e declinazioni (Panda e 500), Lancia ridotta alla sola Ypsilon (con ammissione implicita del fallimento di rimarchiare Lancia i modelli Chrysler) ,  Alfa Romeo con Maserati destinate a diventare marchi premium, con obiettivi rispettivamente di 300.000 e 50.000 unità nel 2016. Tutto questo attraverso un piano triennale 2014-2016 e relativi investimenti che saranno annunciati ad aprile. (Nel frattempo oggi sono arrivati i dati di vendita di un marchio premium come Audi: nel 2013 ha venduto 1,58 milioni di unità).

La seconda notizia sta invece alla penultima riga. Il direttore di Repubblica non fa una domanda diretta su quel che ho ipotizzato qui l’altro giorno, tipo: adesso lascerà dottor Marchionne, passando le fatiche e i rischi del piano industriale a qualcun altro? No, la domanda è un’altra ma la risposta è questa:  “Anche per me arriverà il giorno di lasciare. Ma intanto, dieci anni dopo, è una bella partita”. A fine anno se ne va, mi ha quasi convinto.

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