La cura da cavallo di Carlos Tavares al gruppo Psa (Peugeot-Citroen) sembra non solo funzionare, ma andare meglio del previsto. E’ vero, come dice un perfido amico, che quando si riparte da un disastro è difficile fare peggio, però i dati del terzo trimestre del gruppo indicano cose interessanti: crescita del giro d’affari a livello mondiale pari all’1,6%, aumento dei veicoli venduti nel mondo pari al 5,4 per cento, con la Cina (+44%) a trainare compensando il crollo in Eurasia (-62,4%) e in America latina (-38,2%).

Psa ovviamente va cauta e fa sapere che “gli effetti del piano strategico per un ritorno alla profittabilità cominciano a farsi sentire, ma la strada è ancora lunga”. Tavares, numero due di Renault fino all’agosto dell’anno scorso e al volante di Psa dalla primavera, corre insomma. E mi ricorda un po’ un altro Carlos, Carlos Ghosn, il suo ex capo che l’anno scorso l’ha (giustamente) cacciato dalla Renault dopo aver letto una intervista in cui il delfino sosteneva di voler fare il numero uno. Come se non fosse stato ai vertici di una azienda quotata in borsa, che in genere non apprezza gli sproloqui.

Tavares assomiglia al Ghosn di quindici anni fa. Quello affamato di gloria che nel 1999 andava a dirigere una Nissan sull’orlo della bancarotta in Giappone e che tirò fuori risultati di bilancio in crescita già  nel primo semestre del 2000 (aprile-settembre). Di corsa. E certo tagliando con machete tutto quello che gli capitava a tiro. Se Nissan allora puntava per riprendersi sul mercato nordamericano, Psa adesso ha dalla sua la Cina, che va come non mai.

Fra i due Carlos – entrambi manager sorridenti come Gengis Khan – una grande differenza resta: Ghosn aveva in tasca l’ordine di non fare prigionieri, Tavares credo di no. Nel senso che tiene famiglia: la famiglia Peugeot, ancora azionista del gruppo seppur non più di maggioranza assoluta, pare che ancora ogni tanto pare schiacci il pedale del freno.

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