Carlos Tavares guarda e parla dritto negli occhi. Non può comportarsi diversamente: il nuovo ceo di Psa è stato chiamato al capezzale di un gruppo sull’orlo di una crisi di cassa, 5 miliardi di euro persi nel 2012, altri 2,32 nel 2013. Deve intervenire subito, senza sbagliare. I nuovi soci, Dongfeng e Stato francese insieme alla famiglia Peugeot, hanno deciso un aumento di capitale di 3 miliardi euro: tanti. Ma pochi se Psa non comincia a dare presto segnali diversi. Il nuovo presidente, Louis Gallois, uomo del governo, è il suo primo controller.
Al Salone di Ginevra ho avuto modo di incontrare Tavares per circa un’ora e mezza, un tempo lungo in cui ha spiegato le sue priorità. 1) Fare soldi, “cosa che non è al centro del gruppo”. Un giudizio spietato verso i suoi predecessori. 2) Ridurre i modelli, gli attuali 60 sono considerati troppi e molti non profittevoli. Ma se è facile tagliare, è difficile azzzeccare subito quel che gli esperti chiamano “category killer” (una Golf, una Qashqai o una 205 dei tempi che furono). 3) Ottimizzare la produzione per ridurre i costi. Lui la chiama “fabrique excellent”: la prima cosa che ha fatto è stato visitare gli stabilimenti del gruppo nel mondo. Ma non è un processo che si mette in moto in un momento: taglierà immediatamente i margini ai fornitori.
Ha invece detto che non ridurrà la forza lavoro e non chiuderà fabbriche, rispettando l’accordo triennale con i sindacati. Fino al 2016: dopo, “dipenderà dai risultati”. A futura memoria, segnalo che quando era in Renault (parola di sindacati), Tavares avrebbe voluto fare piazza pulita alla voce costo del lavoro. L’amministratore delegato Carlos Ghosn e il governo francese glielo impedirono. Oggi in Psa la sua corsa contro il tempo è appena iniziata.
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