Ho provato in Portogallo la nuova Jaguar XE. La berlina inglese dovrà dimostrare di essere un’alternativa allo strapotere dell’industria tedesca nel segmento premium. Devo dire che, su strada, la XE non tradisce l’obiettivo e si mostra più divertente di un’Audi A4, più confortevole della Mercedes Classe C e più coinvolgente della Bmw Serie 3. Tutto questo però non è sufficiente.
La sfida vera per la XE è piuttosto un’altra: avere un prezzo competitivo con le tedesche. Che per un’auto destinata soprattutto al mercato delle flotte, e in generale dei clienti business, significa un canone di noleggio più basso delle concorrenti. Ad occhio non sarà facile: gli investimenti in ricerca e sviluppo su architettura in alluminio e nuovi motori Ingenium, valgono qualcosa come 2 miliardi di sterline, oltre 2,6 miliardi di euro.
Se è vero che saranno spalmati su almeno 6 nuovi modelli Jaguar (in prima fila la nuova generazione della più grande XF attesa per fine anno, poi il crossover F-Pace nel 2016), è anche vero che all’inizio, confidando solo sulla XE, ci sarà da soffrire. Tanto più se la nuova Jaguar, a differenza delle tedesche, non sarà offerta all’inizio nella versione familiare, per la quale ci sarà da attendere almeno due anni. Una differenza che da noi in qualche modo si farà sentire.
Gli inglesi sono però sicuri di farcela. Nick Miller, capo progetto della XE, mi ha confermato che la berlina avrà un “total cost of ownership più basso delle concorrenti”. Non ancora convinto, ho chiesto l’opinione al capo di una grande azienda di noleggio a lungo termine: “E’ vero, noi abbiamo assegnato un valore residuo alla XE di poco più alto delle rivali”. Si parla di un 1% in più dopo 36 mesi. E’ un’indicazione. Nulla di più. Al resto ci potrebbero pensare dei costi di gestione più bassi grazie al motore 2.0 Diesel da 167 cavalli con consumi, a parità di prestazioni, sulla carta inferiori rispetto alle concorrenti (in attesa della nuova A4) e con costi di servizio e manutenzione che, ancora in Jaguar, assicurano più bassi. A quel punto, il gioco, “è più divertente e costa di meno”, potrebbe funzionare.
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