Sergio Marchionne ha nell’Istat un amico di lunga data. L’Istituto di Statistica, come Carblogger ha puntualmente registrato fin dal marzo del 2014, ha sempre  misurato con pignoleria l’effetto sull’economia italiana della rinascita dell’industria automobilistica italiana. Da qualche giorno però fra i macroeconomisti italiani si è sviluppato un dibattito che non può lasciare indefferenti gli appassionati d’auto: possibile che l’aumento del Pil italiano dello 0,3% nel primo trimestre del 2015 – il primo segnale di uscita dalla recessione – dipenda tutto o quasi tutto dal boom della fabbrica Fiat di Melfi?

Il primo a scriverlo è stato il blogger Mario Seminerio su Phastidio.net cui si è aggiunto Oscar Giannino su twitter e altri analisti meno noti. In effetti a leggere il comunicato integrale dell’Istat, ed in particolare il Prospetto 1, si scopre che il Pil del primo trimestre 2015 è superiore a quello del quarto trimestre del 2014 dello 0,3% pari, in cifra assoluta, a poco più di 1,1 miliardi di euro. Nella stessa tabella si nota un aumento del 28% della voce “produzione di mezzi di trasporto” che in cifre assolute equivale a +1,3 miliardi.

Tutto chiaro, no? In realtà le cose non sono così semplici: nella voce “mezzi di trasporto” l’Istat – sulla base delle regole europee – inserisce anche navi e aerei. Ed è un fatto che anche la produzione di Fincantieri e di Alenia-Aermacchi sta vivendo una fase di fortissima crescita. Inoltre l’Istituto di statistica ha registrato altre voci in crescita come quelle delle costruzioni e delle scorte industriali che hanno compensato l’ennesima contrazione (-0,1%) dei consumi e la stagnazione dell’export.

E tuttavia sarebbe assurdo negare l’evidenza: l’Istat ha appuntato una medaglia di valore sul pullover di Marchionne. Dove resta uno spazio (strategico) per l’effetto Alfa Romeo.

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