Secondo alcuni autorevoli analisti, la Brexit potrebbe trasformarsi nella “tempesta perfetta” per l’industria automobilistica britannica. In effetti, il solo rischio di introduzione di un dazio doganale alle esportazioni dal Regno Unito verso l’Unione Europea – ipotesi molto concreta, se non altro come misura dissuasiva per altri Paesi membri che potrebbero essere tentati da un “exit indolore” per i britannici – induce, conti alla mano, a pensare che per la maggior parte dei costruttori auto presenti nel Regno Unito sia la fine di un’epoca.

La produzione ‘Made in UK’, destinata per il 60% all’export verso l’Unione europea, una volta caricata di un dazio (diciamo del 10%, lo stesso applicato all’import giapponese, nonostante i prodotti ‘Made in EU’ importati nel Sol Levante siano ‘duty free’) perderebbe di competitività, o alternativamente avrebbe un impatto assai negativo sui profitti dei costruttori.

Da cui il “game over”, la fine del miracolo della rinascita della industria automobilistica inglese, rinascita avvenuta per mano straniera (giapponesi, tedeschi, indiani) seppur ampiamente sostenuta da illuminate politiche industriali dei sudditi della Regina.

Tuttavia, a ben leggere i dati di questi giorni, la vera tempesta non è quella che sta colpendo il Regno Unito, bensì quella valutaria in atto in Giappone, che sta mettendo a dura prova la sua industria. Sì, perché la politica di svalutazione competitiva della cosiddetta Abenomics, che forte impluso ha dato all’export (e ai profitti) di molti costruttori giapponesi negli ultimi anni, dopo anni di consistenti ribassi della valuta nipponica, sembra ormai avere esaurito la sua spinta. Fatto confermato dalla chiara tendenza al rialzo degli ultimi mesi e dalla brusca accelerazione delle settimane successive al referendum britannico.

Paradossi dell’economia globalizzata: la fuga di capitali dall’Europa verso il Giappone, uno dei pochi porti sicuri dell’economia ‘occidentale’, ha immediatamente causato l’apprezzamento dello yen, oltre 15% in pochi giorni. Quindi il primo vero colpo inferto dalla Brexit è stato non per l’industria del Regno Unito ma per quella nipponica.

I costruttori auto giapponesi, con uno yen vicino ai massimi storici su euro e dollaro, rischiano di perdere volumi e profitti – essenziali per sostenete gli investimenti. Ma conoscendo la filosofia e la visione di lungo termine dei nipponici, la loro reazione potrebbe essere quella di incrementare ancora di più la produzione fuori dal Giappone, soprattutto di componenti molto costosi che vengono ancora prodotti nell’isola e poi assemblati negli impianti ‘overseas’.

Se così fosse, la Brexit potrebbe trasformarsi in un’occasione per l’industria britannica di vedere rafforzati gli investimenti, non solo sulle linee di assemblaggio ma anche sulla intera filiera produttiva. Non sorprende allora che la neo primo ministro britannica, Theresa May, abbia dichiarato: “Bisogna trasformare la Brexit in una grande opportunità per il Regno Unito”. Che alla fine anche questa volta non abbiano ragione i britannici? A questo proposito, la storia, anche quella più recente, può insegnarci molto.

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