Leggo la lettera aperta del ceo di Renault e presidente di turno dell’Acea sul futuro dell’industria dell’auto in Europa  e mi interrogo se, quasi dieci anni dopo “Confessions of a Capital Junkie” di Sergio Marchionne – padre spirituale di Luca de Meo – sia davvero la prospettiva (disinteressata) di un insider che riconosce il primato della politica nelle scelte strategiche che impattano uno dei settori più importanti dell’economia del continente; o invece il grido di allarme del ceo di un’azienda a rischio sopravvivenza qualora l’Europa non confermi la “roadmap” al tutto elettrico nel 2035.

Su questo blog,  Francesco Paternò sostiene la prima ipotesi, perché il linguaggio di de Meo sarebbe quello del massimo rappresentante dell’associazione dei costruttori europei che chiede – legittimamente e in maniera trasparente, senza lobby “sottobanco”  – una sorta di piano Marshall per l’industria automobilistica europea. E lo farebbe in modo appunto politico.

La tesi mi sembra però poco convincente. Non ho difficoltà ad ammettere che de Meo dica cose sensate, ma la lettera è a mio avviso viziata da un assunto di base errato, cioè che le auto elettriche siano necessariamente il futuro prossimo della mobilità in Europa. E’ qui che mi pare che de Meo non solo non parli da politico, e fin qui ci sta, ma neanche da capo dell’Acea.

Innanzitutto perché dubito che molti dei suoi colleghi sarebbero d’accordo: basta leggere cosa hanno dichiarato recentemente i capi di Volkswagen e Bmw, pure membri dell’associazione, sulla irraggiungibilità dei target di emissioni imposti dall’Europa e sulla iniquità delle multe che molti costruttori dovranno pagare.

Ma soprattutto perché è ormai evidente che l’auto elettrica non è la soluzione bensì il problema che de Meo vorrebbe risolvere: la crisi europea dell’industria automobilistica è stata generata da un approccio ideologico alla mobilita sostenibile centrato su una sola tecnologia, le auto a batteria appunto. Nel dopo dieselgate, una Commissione dominata da visioni massimaliste e un Parlamento e governi nazionali disinteressati al “dossier auto” hanno spinto oltre ogni ragionevole ambizione tempi ed obiettivi della cosiddetta decarbonizzazione, mettendo in crisi l’intero comparto.

Il dato certo su cui anche de Meo sembra concordare è che le auto elettriche si vendano molto meno di quanto previsto e quanto sia necessario rispettare le regole sulle emissioni:  i consumatori, o meglio i cittadini, non sembrano volere e poter muoversi tutti in elettrico, almeno non nei tempi imposti dal legislatore europeo. L’elenco delle ragioni vengono enumerate e su queste secondo de Meo bisognerebbe intervenire per favorire l’elettrificazione. Ma voglio credere che in un mercato libero – e anche in democrazia –  “consumer is king”: alla fine è il consumatore che sceglie, e lo fa secondo i propri tempi. Non necessariamente quelli della politica.

De Meo è manager troppo capace e navigato per non capirlo e allora viene da pensare che la lettera sia piuttosto un monito del ceo di Renault ai rappresentanti politici e ai “decision makers” europei, forse ancora di più ai francesi,: in ogni caso sull’elettrico non si può più tornare indietro. Perché su questa tecnologia la Renault si è giocata tutto – vendendo peraltro ai cinesi le tecnologie sui motori a combustione per finanziarsi –  e anche il solo rallentamento sulla “roadmap” rischia di esserle fatale. Spetterebbe dunque all’Europa ridefinire un piano di rilancio di tutto il settore automobilistico, attraverso azioni di sostegno alla domanda dell’elettrico, costi quel che costi.

Posizione comprensibile e legittima, per carità, ma che appare in contrasto con quanto de Meo stesso sembra rimproverare alla politica: una sorta di bulimia legislativa che ha finito per rendere l’ industria europea non competitiva sullo scenario globale e che sarebbe la vera causa di questa crisi.

Dubito quindi che la risposta possa venire proprio da chi la crisi l’ha generata. Penso invece che sia in prima istanza compito dell’industria europea definire in modo compatto ed unitario una propria strategia di posizionamento competitivo, con obiettivi credibili e raggiungibili. Partendo magari da proposte radicali, come ad esempio un nuovo sistema di alleanze e/o fusioni  per creare dei “campioni” europei che abbiano la taglia giusta per competere efficacemente sui mercati globali. Solo allora si potrebbe chiedere alla politica di agevolare con azioni specifiche e mirate.

Partendo da questa considerazione, e ritenendo de Meo manager di grande talento e fiuto da vero “animal spirit” , mi spingo oltre: e se la lettera fosse un messaggio che il ceo vuol dare alla politica francese? Di prendere atto che il disastro è ormai imminente e che l’unica speranza di salvarsi sia favorire la creazione di un secondo grande soggetto dell’auto continentale, un’unione tra Renault e Stellantis sotto la guida di un manager capace e “bravo in politica” come lui?

Commenti
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    Concordo, parola per parola. L’auto elettrica NON e’ il futuro, o per lo meno non e’ l’unico futuro possibile. Se il cavallo non vuole bere e’ inutile portarlo a forza alla fontana, si rischia di azzopparlo per sempre. Delle due l’una o si allungano i tempi della forzata elettrificazione, quando cioe’ il framework organizzativo sara’ realisticamente in grado di supportare l’elettrificazione, oppure ci si rende realisticamente conto che l’elettrico non e’ the “only way”, ma neppure the “best way” e si lascia libero il mercato ed i consumatori di fare le loro scelte, se no avremo nel 2035, gli acquisti sottobanco di auto termiche all’estero per sfuggire ai diktat di Bruxelles. De Meo, che stimo moltissimo, purtroppo se ne deve fare una ragione… La complessita’ e’ figlia della varianza, e le scelte strategiche devono essere ormai, come quelle produttive, capaci di adattarsi a cambiamenti improvvisi ed in parte imprevedibili altro che piani quinquennali.

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    Un commento al post di Denis Rameau mi arriva da Lepouquitousse, già autore di Carblogger.it. Traduco e riporto: “E’ la concorrenza, bellezza. La verità è che i marchi mainstream Renault, Opel, Ford, Citroen, Fiat, hanno perso dieci punti di quota di mercato nell’ultima decade, a beneficio di Toyota e coreani. Con i cinesi in arrivo in Europa, almeno un paio rischiano l’estinzione entro la fine di questa decade”.

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