La Trabant è probabilmente la più nota di loro. Quest’anno, se fosse ancora in produzione (ma potrebbe rinascere elettrica), compirebbe 46 anni. La storia della produzione automobilistica dell’Europa dell’est è raccontata con particolari, schede, foto d’epoca e bibliografia in un bel volume in francese di Bernard Vermeylen, Voitures des pays de l’est (ETAI editore, 2008, trovato presso la Libreria dell’automobile al costo, ahinoi , di 57 euro). Note spesso solo per la loro pessima fama produttiva, le auto orientali sono un pezzo di storia del ‘900 a quattro ruote: dalle DKW della Germania orientale alle Balcan bulgare, dall’Alba Regia ungherese alle auto made in Polonia (tra cui le Fiat) e in Romania, nonché di paesi che oggi non esistono più.Parliamo della Cecoslovacchia, dell’Unione sovietica e della Jugoslavia. La geopolitica va a braccetto con gli sviluppi del dopo ’89, quando due dei marchi più nobili dell’est, la ceca Skoda e la rumena Dacia, vengono acquisiti rispettivamente dai tedeschi del gruppo Volkswagen e dai francesi della Renault. Per Skoda e Dacia un nuovo inizio e un rilancio, perché la storia non finisce mai.
Un aneddoto che non troverete su questo libro ce lo ha raccontato tre o quattro anni fa un vecchio ingegnere della Skoda, di quelli passati indenni dal comunismo al velluto rivoluzionario e infine al capitalismo renano. Alla fine degli anni ’80, dice l’ingegnere, dei colleghi della Renault si presentarono alla Skoda con un prototipo di macchina piccola piuttosto curiosa, i francesi la chiameranno poco più in là Twingo. “Volevano comprare la Skoda e per convincerci ci mostrarono in anteprima la loro ultima meraviglia. Solo che avrebbero voluto chiamare Renault anche la Skoda e non se ne fece nulla“. La storia seguente non è più un aneddoto: nel 1991 la Volkswagen comprò la Skoda rispettandone il nome e solo successivamente la Renault si è consolata con la Dacia, questa volta senza voler imporre il suo marchio. E facendone un business di successo con le sue auto low cost.