Altro che nuova lunga marcia, la Cina va di corsa sull’auto elettrica e non per improvvisa passione ambientalista. E’ il suo modello di sviluppo al business che, anche in questo caso, potrebbe avere ricadute pesanti. Perché l’aumento della produzione elettrica passerà inevitabilmente anche per il carbone e dunque per nuove emissioni nocive.  Mercoledì scorso, 16 aziende legate all’automobile e alla sua componentistica  controllate dal governo hanno formato un’associazione che ha come principale missione lo sviluppo dell’auto elettrica. E’ scontato che presto diventeranno molte di più. Tutte attendono che il governo metta a punto entro questo mese il piano di investimenti sul settore fatto trapelare nelle scorse settimane, secondo cui lo stato investirà 100 miliardi di yuan (circa 10 miliardi di euro o quasi 15 miliardi di dollari) entro il 2020. Un salto enorme, accompagnato dagli impegni di grandi municipalità come quelle di Wuhan o di Shangai, dove le sperimentazioni di auto elettriche vengono  accompagnate da incentivi all’acquisto di auto a zero emissioni mediamente di 50.000 yuan, 7.370 dollari. La forzata urbanizzazione del paese è a sua volta un incentivo a questo nuovo modello di mobilità. C’è chi calcola la presenza di 1 milione di auto elettriche per le strade della Cina già nel 2015, per la gioia anche dei costruttori stranieri lì presenti. E’ tuttavia un primato che sarà presto insidiato da un analogo sviluppo dell’India, dicono altri esperti. Ancora Cina e India: ma a quale prezzo?

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