Ma quante fabbriche di automobili saranno chiuse in Europa, Italia compresa, da qui al 2014/2015, quando si prevede che le richieste dei mercati tornino a salire? L’Anfia, l’associazione dei costruttori di veicoli in Italia che nella Fiat ha cuore e cervello, ha presentato a Roma uno studio sull’industria globale delle quattro ruote che merita alcune osservazioni. Numeri, innanzitutto: nel mondo circolano 700 milioni di vetture, nel 2009 l’industria ne ha sfornato 61,7 milioni a fronte di una capacità produttiva di 97 milioni. Eugenio Razelli, presidente dell’Anfia, ha detto che in Europa l’utilizzo degli stabilimenti è stato del 53% nel 2009 per salire nel 2014/15 all’80%, ma senza specificare quante delle fabbriche esistenti resteranno aperte per raggiungere quell’80%. La tendenza dell’ultimo decennio è spaventosa: sempre secondo i dati Anfia, nel 2000 circa il 60% della produzione era localizzata fra l’Europa a 15 e nell’area Nafta, nel 2009 è crollata al 34%. A fronte di una crescita dell’Asia di 20 punti (51,5%)  e del Sudamerica, che ha più che raddoppiato i volumi produttivi in particolare in Brasile.   In Europa (a 15), la produzione nel decennio è scesa del 28,4%, negli Stati Uniti del 55,5%. Sono questi i numeri con cui sindacati e lavoratori italiani dovranno fare i conti, cominciando dalla chiusura in Sicilia della fabbrica Fiat di Termini Imerese a fine 2011.  E tenendoli bene a mente quando la Fiat pensa di ridurre anche alcuni diritti, come a Pomigliano e da qui nel resto delle fabbriche italiane. L’amministratore delegato Sergio Marchionne, parlando dopo Razelli, è stato crudo: “Siamo a un punto di non ritorno, è arrivata la  resa dei conti per l’auto a livello mondiale”.

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