Un anno dopo la decisione della Gm di tenersi la Opel – dicendo no a Fiat, poi  a Magna e ai russi di Sberbank – il braccio europeo del colosso americano cammina sulle proprie gambe. Nel giugno scorso, dopo l’ultimo rifiuto del governo tedesco, la Opel ha ritirato la richiesta di prestiti pubblici agevolati e si è fatta finanziare dalla casa madre americana per 3 miliardi di euro. Nel piano di risanamento, che prevede un pareggio nel 2011 e un ritorno all’utile nel 2012, lacrime, sangue e molto prodotto. La fabbrica di Anversa sarà chiusa entro dicembre, i cinesi di Geely (diventati famosi per essersi comprati la Volvo per 1,8 miliardi di dollari) pare non siano più interessati a rilevarla. Nel piano quinquennale da 11 miliardi di euro di investimenti, la capacità produttiva di Opel dovrà essere ridotta del 20% e l’80% dei modelli sarà rinnovato entro il 2014. Con occhi puntati sul lancio dell’Ampera – prima elettrica impura per i puristi, avendo anche  un piccolo motore a benzina per estenderne l’autonomia – e della “piccola premium” nel 2013 (una tre metri e mezzo, in versione elettrica solo qualche mese dopo quella tradizionale).

Il mercato europeo dice che la Opel – nonostante i problemi finanziari e un-7,8% nei primi 9 mesi dell’anno (rispetto a un -14,8 del gruppo Fiat o un -10,6 di Ford concorrenti diretti)  – cammina più sicura, grazie ad alcuni modelli che scartano per stile e innovazione dalla produzione precedente: di fascia alta come l’Insignia (in un segmento dominato da tedesche con ben altro blasone), di fascia medio-piccola come la nuova Meriva con le porte apribili ad armadio (un’idea di vivibilità dell’auto che non si vedeva più da cinquant’anni, 60.000 ordini dal giugno scorso). Nel piano quinquennale è infine previsto che auto con il marchio Opel siano vendute anche fuori dall’Europa, in Cina in particolare, dove Gm ha un importante partnership con Saic, azienda a controllo statale e probabilmente prossimo socio pesante del gruppo con l’acquisto del 10% delle azioni in occasione del ritorno in borsa del produttore di Detroit.

Per Opel sarà comunque lotta durissima, visto che il mercato europeo di riferimento viaggia con perdite intorno al 10%.  In Italia, l’amministratore delegato del marchio Roberto Matteucci ha messo un segno più nei primi nove mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2009, a fronte di un mercato in calo e senza più effetto incentivi a partire da aprile. Per il futuro, usa un linguaggio da serve and volley: “Pensare a mercati in crescita è pura fantasia, la ripresina di cui si parla adesso è posticipata almeno di un anno”.  E ancora: “Non credo a incentivi tattici come quelli per la rottamazione, credo a incentivi alla programmazione, possibilmente per auto virtuose, elettriche o ibride o a più basse emissioni, quali che siano. Ma legati a un piano solido, come in Francia”.  Discorso serio, se in Italia ci fosse una politica industriale.

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