La General Motors è stata salvata dal governo a suon di miliardi di dollari, molti dei quali li sta restituendo nel giro di un anno con il suo clamoroso rientro in borsa. La Fiat è stata salvata dal governo italiano a suon di miliardi di lire, mai restituiti alla collettività in decenni. Ce ne sarebbe abbastanza perché l’amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne – che pure nei suoi sei anni al volante non ha ricevuto aiuti statali – usasse un’attenzione diversa parlando del suo paese, dei suoi contribuenti, dei suoi lavoratori.

 “Negli Stati Uniti si fa, da noi si parla”, dice invece Marchionne nella fabbrica Chrysler di Kokomo nell’Indiana, durante una visita del presidente americano Barack Obama. Aggiungendo a margine: “Le mie parole sono sempre accurate, precise ed efficaci. E la gente deve rendersi conto della realtà”.

La realtà è che il Tesoro americano ha ricevuto martedì 11,74 miliardi di dollari per la vendita di 358,5 milioni di azioni al prezzo di 33 dollari l’una, riducendo la sua quota nel colosso di Detroit dal 61% al 37%. Fatti due conti, il Tesoro e i contribuenti americani perdono ancora 9 miliardi di dollari dei 49,5 usati per il salvataggio del costruttore. Per un pareggio, la Gm dovrebbe vendere il resto delle azioni in mano pubblica a un prezzo medio di 52.80 dollari l’una.

 L’operazione di salvataggio dell’industria dell’auto (Gm e Chrysler) è costata al governo complessivamente 85 miliardi di dollari, consentendo  di tenere in piedi circa 1 milione di posti di lavoro compreso tutto quel che gira intorno alle due aziende. E, dopo le ultime buone notizie Gm, il Tesoro ora stima di perdere alla fine non più 30 miliardi, ma 17.  Ma quanti ne ha persi l’Italia con la Fiat?

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