La Dr Motor,marchio molisano dietro il quale c’è il costruttore cinese Chery, primo esportatore del paese, ha presentato una «manifestazione di interesse» per rilevare in esclusiva la fabbrica di Termini Imerese che la Fiat vuole chiudere entro l’anno. Un giallo. “Troppo tardi”, ha detto solo 24 ore dopo il ministro per lo Sviluppo economico Romani; no, secondo i termini indicati dall’advisor Invitalia, replica DR. In ballo ci sono investimenti della Regione Sicilia per 350 milioni di euro più un altro centinaio del governo, per i quali ogni colpo basso è lecito. La proposta, pare arrivata il 31 gennaio, potrebbe scalzare dalla pole position quella di Gian Mario Rossignolo, proprietario della De Tomaso. Il presidente della regione Sicilia Raffaele Lombardo aveva definito «migliore» il progetto Rossignolo, mentre il last minute di DR, al di là della concretezza o meno del piano e dei tempi, pare sia stato sollecitato da ambienti di governo, contrari al presidente. Fra i promotori, si fa il nome del siciliano presidente del Senato Renato Schifani.

Il ministero dello Sviluppo economico, d’intesa con Invitalia, l’advisor incaricato di studiare la fattibilità delle offerte, ha spostato al 16 febbraio la scelta finale del progetto. I sindacati non ne sanno nulla. A Termini ci sono circa 2.000 lavoratori compreso l’indotto che attendono notizie, in uno stabilimento con una capacità produttiva di 60.000 auto all’anno. La proposta della DR si affianca alle 7 giacenti da mesi al ministero. È la terza automobilistica, dopo quella degli indiani di Reva (nel frattempo comprati da Mahindra&Mahindra) insieme a un fondo di private equity gestito da Simone Cimino (basata sulla produzione di auto elettriche), e quella di Rossignolo, legata alla produzione di due modelli compatti di lusso, 48.000 unità all’anno a regime. La DR avrebbe invece messo sul tavolo l’offerta di fare 60.000 auto all’anno a regime per 4 modelli, con il mantenimento in Sicilia di lastratura, verniciatura e assemblaggio di modelli provenienti dalla Cina. Tutto questo senza chiudere lo stabilimento di Macchia d’Isernia, dove la DR continuerebbe ad assemblare la piccola DR1 e a lanciare addirittura una supersportiva da 650 cavalli, motore comprato in America e design piemontese.

 Rossignolo e DR sono due piani contrapposti: il primo punta a macchine con alti margini, il secondo a prodotti a basso costo. Ma a fare la vera differenza è il partner dell’azienda molisana, la Chery, costruttore cinese in espansione, partecipato dallo stato, un passato turbolento con gli stranieri, dalla Volkswagen alla Gm, dalla Daewoo con accuse di plagio della piccola Matiz (disegnata da Giugiaro) alla Fiat. Nel 2008, gli uomini di Sergio Marchionne lasciarono le trattative sbattendo la porta, accorgendosi che Chery in contemporanea stava discutendo anche con la Chrysler. Sarebbe curioso che oggi la Fiat, pur di liberarsi di Termini, cedesse la sua fabbrica proprio al costruttore cinese per interposta azienda, mettendosi in casa un concorrente diretto nelle auto piccole. DR è l’acronimo di Massimo Di Risio, ex pilota d’automobili, ex concessionario Lancia negli anni ’80, poi plurimarche con una moderna struttura a Macchia d’Isernia. Nel 2003 va in Cina, a Wuhu, nel sud del paese, e trova un primo accordo con Chery. Dal 2007, Di Risio importa e assemblea modelli del costruttore cinese, adattandoli al mercato italiano. Per poi venderli a prezzi concorrenziali e con un marketing aggressivo, sua l’idea di piazzare il suv DR5 negli ipermercati. Nel 2010, DR ha più che raddoppiato le vendite, toccando quasi 5.000 unità, grazie soprattutto alla piccola DR1.

Nel piano per Termini Imerese, i numeri presentati sono però piuttosto ottimistici. In Sicilia, la DR vorrebbe costruire la DR2, spostandola da Macchia d’Isernia, con previsioni di vendita nel 2011 di circa 2.000 unità. Poi la DR5 (venduta nel 2010 in 1.731 unità), la nuova D3 (una berlina compatta di segmento C, la Chery A3) e la DR4 (altra berlina di segmento D, potrebbe essere la Chery G5). Ma anche considerando una crescita tumultuosa sul mercato italiano, sembra avventuroso che DR possa raggiungere il regime di 60.000 unità all’anno. La variabile potrebbe essere nei progetti della Chery, che forse punta su Termini come testa di ponte per il Mediterraneo e l’Europa. Nel sito del costruttore, un pensiero esplicito c’è già (http://www.cheryinternational.com/en/node/1005).

Lascia un commento