Sergio Marchionne non venderà mai l’Alfa Romeo alla Volkswagen, “finché sarò Ceo”. Bisogna credergli, ormai è una sfida d’onore con il dominus del gruppo tedesco Ferdinand Piech.  Ma Marchionne potrebbe copiare da Piech l’idea che a Wolfsburg hanno avuto per salvare la Seat, altro marchio come l’Alfa in perenne perdita e che i tedeschi, in caso di acquisto, avrebbero voluto integrare. Gli manca però un pezzo: una joint venture in Cina.

Presentando giovedì il bilancio stellare del 2010, i dirigenti Volkswagen hanno annunciato che la Seat, ancora in rosso l’anno scorso per 311 milioni, sarà venduta dal mese prossimo anche in Cina con l’obiettivo di portarla al profitto nel 2013. Nel piano quinquennale 2006-2010, Marchionne aveva fissato l’obiettivo di vendere 300.000 Alfa e 300.000 Lancia, non raggiunto ufficialmente a causa della crisi mondiale che ha sconvolto i mercati nel 2008 e nel 2009.  Nel nuovo piano, le Alfa da vendere sono diventate 500.000, dalle circa 100.000 del 2010. Come farà? Idea Seat: piazzarle nel mercato più in crescita del mondo. Il problema è che il gruppo tedesco ha accordi storici in Cina (da cui vengono quasi 2 miliardi di profitti), il gruppo Fiat no. Nel 1999, il Lingotto fece una joint venture con Nanjing, sciolta senza esiti nel 2007. Nel 2008 provò con Chery, ma si accorse  dopo lunghe trattative che i cinesi parlavano contemporaneamente con gli americani della Chrysler e l’intesa saltò. Nel luglio del 2009 il Lingotto ha firmato un accordo con Gac (Guangzhou automobile group), nella regione centrale dello Hunan, con un arrivederci a fine 2011 di cui non si sente più parlare. Ma sarebbe bello che Seat e Alfa Romeo, al di là dei pettegolezzi di Piech, avessero in comune almeno questo avvenire.

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