Il patrimonio della Bertone è fatto di donne, uomini e macchine. Il sì al 90% dei lavoratori alle nuove condizioni di lavoro imposte dalla Fiat – o accettate, o restituiamo l’azienda ai curatori fallimentari e dunque siete tutti per strada, senza più neanche la cassa integrazione – salva la parte più importante di questo patrimonio, ma non tutto. Perché un’altra parte sarà invece venduta all’asta, sei modelli disegnati dal carrozziere alla fine degli anni ’60, come hanno deciso i curatori della bancarotta.  La scelta della Fiom e dei lavoratori ha anche per questo motivo un peso specifico eccezionale: con il loro sì hanno detto no alla vendita all’asta del lavoro.  E domani a occuparsi di quel che accade in azienda saranno così non i curatori fallimentari, ma i giudici, cui la Fiom si è rivolta, con prima udienza il prossimo 18 giugno a partire da Pomigliano. Un modo per proseguire la lotta con altri mezzi.  Il prossimo 21 maggio, invece, saranno banditi a Villa d’Este, sul lago di Como, sei modelli disegnati dal carrozziere piemontese, per cifre oscillanti tra 1,4 e 2,5 milioni di dollari ognuno.  Un pezzo di storia buttato via, per il quale è stato chiesto (inutilmente) l’intervento del presidente Giorgio Napolitano, affinché blocchi la vendita. Per salvare queste auto, ci vorrebbe un’altra “mossa del cavallo” tipo quella fatta per il lavoro dalla Fiom, come l’ha battezzata e raccontata l’altro giorno il mio amico Loris Campetti dalle porte di Grugliasco.

ps Alla Bertone, l’investimento promesso dalla Fiat è di 550 milioni di euro, con l’obiettivo di produrre da fine 2012 una Maserati di segmento E, quello dominato in Europa da Mercedes E e Bmw serie 5 ma anche da Suv come Bmw X5 e 6, Range Rover e Vw Touareg.  Una baby Quattroporte, da produrre in circa 20.000 unità all’anno. La sfida è enorme per il marchio del Tridente: nel 2010 la Maserati ha venduto in tutto 5.675 auto, circa 1.000 in più di quante auto di segmento E oggi si vendono ogni mese in Italia. Come si dice, speriamo che alla Bertone se la cavano.

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