“Tutti e tre avevano accidentalmente ucciso i loro bambini nell’identico, incomprensibile modo moderno”.  Le cronache italiane di questi giorni raccontano di papà che hanno tragicamente dimenticato in auto il figlio sul seggiolino, provocandone la morte. Storie penose e dure anche solo da leggere. La citazione iniziale è tratta da un lungo articolo uscito l’8 marzo del 2009 sul Washington Post, “Distrazione fatale“, firmato da Gene Weingarten e premiato per questo nel 2010 con un premio Pulitzer, massimo riconoscimento mondiale alla professione, per la sezione Feature Writing.  Il collega ha intervistato 13 persone con altrettante storie drammatiche di figli perduti in questo modo. Vala pena dargli un’occhiata, è in inglese ma la traduzione con Google è accettabile.  C’è anche un box dal titolo “Modi per aiutare a prevenire una tragedia”, se anche servisse a evitarne una sola, avrebbe un senso. Nell’articolo, Weingarten dice che queste tragedie sono aumentate con la decisione, agli inizi degli anni ’90, di spostare i seggiolini dei piccoli sul sedile posteriore, lontani dalla vista del genitore ma a distanza di sicurezza dagli airbag diventati poi obbligatori su tutte le automobili. Un sistema di sicurezza che crea un’insicurezza, un salvavita che può anche uccidere? In Italia si chiede un avvisatore. Magari serve davvero.

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