L’amministratore delegato di Fiat Chrysler Sergio Marchionne dovrà togliersi per forza il pullover, tanto è bollente per lui giugno, da vivere per buona parte sull’altare e rischiando la polvere solo dopo il 18. E non è nemmeno detto. Venerdì scorso ha fatto sapere di voler rilevare l’ultimo 6% di Chrysler ancora in mano all’amministrazione Obama. Sabato, nel consueto messaggio radiofonico e via internet alla nazione della Casa Bianca, assente il presidente perché in viaggio in Europa, il vice Joe Biden ha parlato per esaltare la Chrysler di Marchionne che ha ridato indietro i soldi del prestito pubblico con “sei anni di anticipo”. E ha lodato la Gm, l’altro costruttore rinato grazie sempre ai soldi dei contribuenti americani, che ha aggiunto una terza linea nella fabbrica di Hamtramck a Detroit  e dunque assunto 2.500 lavoratori. Ovviamente Biden ha voluto “vendere” nel messaggio alla nazione il salvataggio di Detroit da parte dell’Amministrazione in piena campagna elettorale. La Casa Bianca ha molte ragioni per farlo e le spiegherà di nuovo Obama in persona venerdì 3 giugno dentro un’altra fabbrica Chrysler, a Toledo nell’Ohio. Miele per Marchionne, come miele è il consolidamento nel bilancio Fiat dei conti Chrysler da mercoledì primo giugno, come qui anticipato l’1 maggio scorso e confermato pochi giorni fa da Fiat appena toccata quota 46% del costruttore americano. Consolidamento che, nota Luca Ciferri nel suo blog del 6 maggio scorso su Automotive News Europe, nell’anno potrebbe anche “salvare gli obiettivi Fiat” .  I fasti di Chrysler però nulla potranno il 18 giugno quando ci sarà il primo incontro in tribunale fra Fiat e Fiom: il sindacato ha fatto ricorso contro la nuova società creata ad hoc dall’azienda per Pomigliano, dove da ottobre sarà prodotta la nuova Panda, e quel giorno la parola passerà ai giudici. Giugno, infine, farà da termometro alle vendite dei due nuovi prodotti del Lingotto, Fiat Freemont e Lancia Ypsilon. Insomma, ce ne è abbastanza perché Marchionne per questo mese si tolga il pullover.

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