Più Chrysler, meno Fiat. A ribadirlo sono i dati del mercato statunitense 2011, il secondo al mondo dopo la Cina, arrivati giusto in tempo perché il salone di Detroit celebri in questi giorni Sergio Marchionne. La caduta delle vendite del gruppo Fiat in Italia e in Europa è nota nelle sue cause; mercati saturi, rinvio dei nuovi prodotti a tempi migliori che invece sono peggiorati, crisi dei debiti sovrani ad aggravare sfiducia e incertezza dei consumatori. Negli Usa, il mercato di auto e camion si è chiuso nel 2011 con +10,3% (in parallelo, -10,9% in Italia), 12,78 milioni di vendite e una previsione 2012 che va dai 13,5 ai 14,5 milioni. Gm, Ford e Chrysler sono cresciute a due cifre, ma è stata la Chrysler di Marchionne a volare: +26,2%, contro il +14 di Gm e il + 11% di Ford. Chrysler Group ha aumentato la sua quota, passando dal 9,4 al 10,7%.  Al salone di Detroit Marchionne presenta la nuova Dodge Dart, la cui omologazione gli ha permesso di salire al 58,5% del gruppo (il 41,5% rimane in mano al sindacato Uaw, che non ha nessuna fretta di vendere se non al prezzo più alto possibile).  Certo, di Fiat 500 ne ha vendute lì poco più di 26.000 invece che le 50.000 promesse, ma la festa rimane. Anche perché i guai più grossi sono sempre al di qua dell’Atlantico. Vendite a parte, il titolo Fiat ha perso in un anno quasi il 48%, mentre i primi dieci costruttori mondiali hanno perso mediamente tutti insieme meno del 30%.  E il 2012 ha la stessa faccia: più Chrysler, meno Fiat.

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