La storia ha un sapore che sa di beffa, se non fosse tragica perché riguarda la vita di molte persone. Nel luglio scorso, il gruppo francese Psa – finito in un mare di guai per errori di management tanto che il titolo in borsa ha perso il 90% del suo valore in cinque anni – annuncia la chiusura della fabbrica di Aulnay, alle porte di Parigi, entro il 2014 e il licenziamento di 8.000 persone. Il neogoverno per bocca del ministro al rilancio produttivo e del presidente Hollande si mettono di traverso, contro un’azienda privata simbolo della Francia industriale. E incaricano un esperto di studiare il dossier. La risposta del rapporto Sartorius arriva oggi: “La necessità di un piano di riorganizzazione delle attività industriali e di riduzione dei dipendenti non è sfortunamente contestabile”. Il rapporto bacchetta pesantemente Psa per errori strategici, come capacità produttiva “sovradimensionata” in Europa, sviluppo internazionale “tardivo” e concentrazione eccessiva su vetture piccole, ma conferma la decisione di chiudere Aulnay. Uno schiaffo doppio per un presidente socialista. E un’idea per Marchionne, che potrebbe fare la stessa cosa in Italia d’intesa con Monti: che per altro non è nemmeno socialista.

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