Le due anime Volvo. Italiana e globale. Accessibile oppure spinta verso il lusso. In Italia, complice la crisi, la Casa svedese ha deciso di riproporre l’etichetta Polar lanciata nel 1989 sulla 240. La strategia è la stessa di allora: spremere il massimo di un’auto in run-out offrendo tecnologia, qualità e affidabilità di Volvo a un prezzo alla portata di molti. Ieri la 240 station wagon Polar venduta a 24 milioni di lire (di questi tempi con la stessa cifra si compra una Panda …), oggi la V70 Polar a 29.950 euro. Domani (forse) la XC70. Un vero e proprio sub-brand in vendita solo in Italia: “Altri Paesi ci hanno provato, in nessuno però come da noi è stato un successo”, ricorda Michele Crisci, a capo di Volvo Italia. In numeri di circa 40 mila vetture vendute con l’etichetta Polar sulla sinistra del portellone.

Dall’altra la strategia globale voluta dalla proprietà cinese di Geely: “L’asticella del marchio si sposterà verso l’alto con nuovi prodotti ancora più lussuosi, con un design più sportivo e degli interni che stupiranno per innovazione e stile”, spiega Crisci. Primo assaggio con un concept già al Salone di Francoforte a settembre. Anche perché i cinesi ora vogliono passare all’incasso dopo le grandi risorse investite in questi anni per tenere in vita Volvo. L’obiettivo è arrivare a 500.000 mila unità entro il 2015 con la spinta di Cina e Stati Uniti. Il Paese asiatico, proprietà o meno, diventerà il primo mercato per gli svedesi con 200 mila unità previste a partire dal 2020 (quasi 5 volte quelle vendute nel 2012), in parte prodotte nello stabilimento di Chengdu, appena inaugurato e in quello da costruire nei prossimi mesi di Daqing.

Nel frattempo però nei primi 6 mesi del 2013 le vendite sono in calo del 5,5%, anche se, rassicura Crisci, “a fine anno stimiamo di arrivare a 433 mila” con un incremento di circa il 2% rispetto al 2012, grazie soprattutto al buon andamento della XC60. Un posizionamento in alto che per ora esclude poi una piccola Volvo, erede delle varie 480 e C30, per fare concorrenza a A1, Serie 1 e Classe A: “Possibile oggi solo se si ha una massa critica di almeno 800 mila vetture l’anno”, spiega ancora Crisci.

Numeri e dna a parte, polar o extra-lusso che sia, si ha la sensazione che oggi grazie ai cinesi di Geely, per Volvo sia un’altra storia: i fallimenti dell’alleanza con Renault, prima, e la gestione Ford, dopo, sono solo un brutto ricordo del passato.

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