Ripresa, giura il ministro Saccomanni, tra lo sbalordimento dell’economia quotidiana, la tristezza dei dati sulla disoccupazione, le città infuocate che non si svuotano più. Ovviamente mi piacerebbe che Saccomanni avesse ragione, ma per dare un’idea di come a volte nascano queste previsioni può essere utile leggere – anzi rileggere – l’ultimo dato sulla produzione industriale di giugno, uscito sulla stampa mercoledì scorso.
In giugno c’è stato un segno positivo, +0,3% ma la vera sorpresa è la percentuale relativa agli autoveicoli: +7,4% una cifra clamorosa se si pensa che la produzione industriale dell’auto in Italia è soltanto quella degli stabilimenti Fiat dove regna la cassa integrazione, cioè la gente non viene fatta lavorare. Qui i numeri tirati fuori dal Sole 24 ore di cui si è parlato troppo poco.
Vuol dire che che quel che è buono per Saccomanni è buono anche per Marchionne? Macché. E’ bastato che a Pomigliano arrivasse una commessa per la Panda da parte di una società di autonoleggio perché l’azienda imponesse due sabati lavorativi straordinari. Non ho i dati sullo stabilimento della Val di Sangro dove Fiat produce il Ducato, ma credo che anche lì sia andata bene.
Insomma, un contratto in più è sempre meglio che niente, ma oggi è un’eccezione che conferma la regola: la situazione resta difficile e per chi deve lavorare il cambio di marcia implica ben altro. Strategie, investimenti chiari, un paese che funzioni. Non è così che si può andare avanti: per dire ancora, in luglio il mercato dell’auto ha perso circa il 2%, cioè poco rispetto ai crolli dei mesi precedenti, e come è stato letto da alcuni? Come un segno di… stabilizzazione. E benché il lavoro continui a mancare.
Fu vera ripresa? Per quella vera, temo ancora lacrime e sangue. E troppe ancora per l’auto italiana.