Un piccolo pasticcio. O un pasticciaccio brutto. Un passo falso forse inevitabile vista la complessa situazione che si è venuta a creare. Sergio Marchionne è intervenuto all’inizio del mese ad una conferenza di investitori organizzata dalla Sanford C. Bernstein, una delle agenzie di riferimento di Wall Street. Il veterano analista dell’agenzia Max Warburton ha pubblicato un rapporto sull’incontro lo scorso martedì nel quale raccontava tra l’altro come l’ad della Fiat avesse scoraggiato i presenti a investire nel lancio esplorativo del titolo Chrysler, che la cassa mutua del sindacato ha preteso, e che lui sta preparando con evidente fastidio.
Marchionne è tenuto per legge a lanciare la Ipo da 100 milioni di dollari, ma allo stesso tempo sta negoziando per concludere l’acquisto dell’intero pacchetto proprietario in mano alla Veba, quindi le due attività sono in diretto contrasto una con l’altra. Se l’Ipo va in porto con successo come vorrebbe la Veba, il prezzo delle azioni sale, e di conseguenza sale il costo dell’acquisizione. Il capo della Fiat sta correndo contro il tempo per chiudere la trattativa e scongiurare una valutazione che potrebbe costargli cara, al punto che ha minacciato di abbandonare l’intera avventura della fusione tra le due aziende.
Al tempo stesso però come ad della Chrysler deve impegnarsi a promuovere la Ipo, e questo è il motivo per cui è stato chiamato in causa dalla Springstein. Secondo Warburton, Marchionne avrebbe argomentato invece che gli investitori dovrebbero ignorare l’eventuale approdo della quota in borsa, e aspettare che la fusione sia compiuta per puntare su un titolo che avrà migliori prospettive di crescita. O perlomeno comprare cedole Fiat al momento, per potenziare l’azienda torinese e accelerare la trattativa di acquisto della Chrysler.
Ha violato così le norme Sec che sanzionano comportamenti autodistruttivi in attesa di un Ipo? La Fiat sconfessa Warburton e nega le affermazioni attribuite al suo capo, senza però produrre minute della conversazione. Sarà dura sbugiardare uno degli analisti più accreditati della borsa di New York.
Resta comunque il fatto che Marchionne indossa due cappelli, o meglio due maglioni: se le frasi che gli sono attribuite sono vere, è chiaro che le ha pronunciate in nome e per gli interessi della Fiat. Alla base della vicenda c’è l’anomalia di un compratore che si trova a fare il prezzo di offerta, e allo stesso tempo ha la capacità di influenzare quello della domanda.
Per il bene della Fiat, della Chrysler e dei suoi lavoratori che aspettano di sapere se potranno curarsi i reumatismi dopo la pensione, sarà bene che la trattativa tra Marchionne e la Veba si chiuda il più presto possibile.
Marchionne deve essere proprio in difficoltà nella scalata finale alla Chrysler se adesso si mette contro l’analista automotive numero uno di Wall Street, Max Warburton di Bernstein Research. Più ci penso e più mi convinco che l’incidente potrebbe non restare senza strascichi. Magari non dichiarati, ma a volte basta poco perché le cose non siano più come prima. La smentita arrivata giovedì pomeriggio è pesante: ” Il documento dà un’interpretazione fuorviante dell’intervento fatto da Marchionne nel corso di una presentazione di Fiat agli investitori e non rispecchia con precisione le sue dichiarazioni”. Dare dell’impreciso (come minimo) a un analista di quel calibro è peggio di una parolaccia. La verità, come sottolinea Flavio, è che Marchionne sta correndo in salita l’ultimo miglio per Chrysler. Una salita così impervia che fa venire i brividi per il futuro della Fiat e dei suoi lavoratori. Appesi senza colpa a una operazione finanziaria senza paracadute.