Che fine ha fatto J Mays, il grande capo del design Ford? La domanda circolava da un certo tempo in Europa, perché quello che per anni era stato uno dei personaggi più in vista del mondo del car design era un po’ scomparso dai radar. Ora la risposta è arrivata: va in pensione.

Sorprendente. Da uno brillante come lui, e non ancora sessantenne, non te lo aspetteresti. Anche perché in America, dove era Design Vice President e Chief Creative Officer di Ford Motor Company, ha continuato a presentare i nuovi modelli dell’ovale blu con il suo piglio carismatico, ogni volta con la frase giusta, ad effetto, convincente.

Forse ha pagato il fatto di essere l’ultimo rimasto dei manager dell’era Nasser (lo aveva assunto proprio lui, Jack “The Knife”), ma allora avrebbero potuto sostituirlo anche prima. No, J è sempre stato un creativo vero, grande amante dell’automobile preoccupato – sono parole sue – che il design sappia garantire all’auto in questo nuovo secolo la stessa importanza che ha avuto in quello precedente.

Un amore per le belle vetture del passato che è emerso a più riprese nel corso dei 33 anni della sua carriera con veri e propri remake. E’ sua la paternità della Concept One, realizzata quando era in Volkswagen, da cui è in seguito derivata la New Beetle del 1997; prima ancora, per Audi, ha realizzato la seducente Avus concept, le cui curve sinuose ispirate alle storiche vetture tedesche da record hanno poi influenzato un’intera generazione di Audi ad iniziare dalla TT. Una volta alla Ford, ha addirittura aperto all’interno del design center di Dearborn il dipartimento “Living Legends”, operazione nostalgia dedicata a riedizioni di modelli come la Thunderbird, la Mustang o la GT40 (chiamata poi soltanto GT per ragioni di copyright).

Tra i maestri che hanno influito sulla sua formazione di creativo, Mays ha sempre citato Giorgetto Giugiaro, Sergio Pininfarina, Ludwig Mies van del Rohe e, a sorpresa, Walter Disney. Sarà per questo che accanto ai grandi classici rivisitati ha condotto anche un’operazione inedita per l’industria dell’auto, affidando un progetto a un designer totalmente alieno al settore delle quattro ruote come Marc Newson: ne è nata la concept car Ford 021C, vettura improbabile e molto cartoon, ma coraggiosa e interessante per il suo approccio moderno e anticonvenzionale.

I modelli di serie realizzati sotto la sua supervisione sono comunque innumerevoli, dai grandi Suv e pick-up americani, vedi gli ultimi Explorer e F150, a modelli globali come la Focus per citare esempi tra i più recenti. E non solo per l’ovale blu, visto che ad un certo punto il gruppo Ford vantava brand prestigiosi come Aston Martin, Land Rover, Jaguar e Volvo. Nel portfolio c’era anche una piccola realtà italiana: si chiamava Carrozzeria Ghia, di proprietà Ford dal 1973, e lavorava come centro di advanced design del gruppo, animata da un piccolo gruppo di creativi molto attivi. La sua storica sede avrebbe avuto bisogno di una rinfrescata, ma nonostante la sua passione per le belle auto dei carrozzieri italiani Mays ne determinò di fatto la morte nei primi anni Duemila dirottando invece tutte le risorse su Ingeni, nuovo e prestigiosissimo design center londinese ubicato a Soho: inaugurato nel 2002, fu chiuso due anni dopo perché costava troppo.

Ora Mays cede il trono al suo vice in America, Moray Callum, uno scozzese 55enne che ha iniziato la sua carriera in Ford nel 1989 – per inciso, alla Ghia. Tutto torna, in qualche modo.

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