Peugeot-Citroen, il gruppo Psa sta per cambiare faccia, anzi rischia di diventare un “mostro a tre teste”, come sostiene sul suo blog Bruce Gaine, di Automotive News.  Con al volante un gruppo privato, un gruppo pubblico, un governo. Ma a differenza di Gaine, la mia domanda o il timore sono altri: solo l’intervento pubblico può salvare l’auto quando è davvero in crisi nera?

L’ultima storia di Francia l’avrete letta: Psa è talmente in forte crisi di liquidità e in discesa nelle vendite mondiali (-4,9% nel 2013) che ha dovuto aprire le porte della società a ben due soci pubblici.  Uno si chiama Dongfeng, costruttore di veicoli cinesi controllato al 100% dallo stato, l’altro si chiama governo francese. Entrambi dovrebbero avere una quota del 14%, pari a un investimento complessivo di 1,5 miliardi di euro, mentre anche la famiglia Peugeot scenderebbe al 14% dal 25,4%.

La diluizione della quota di controllo della storica famiglia alsaziana che da oltre cent’anni è al volante del gruppo non significa automaticamente che perderà la presa: i Peugeot hanno il 38,07% dei diritti di voto, e con questi si governa. Come i Ford, 3% di quota e 40% dei diritti di voto, come i Toyoda per il gruppo Toyota. La partita dovrebbe chiudersi, scontri in famiglia compresi, il 19 febbraio, quando ci sarà l’assemblea dei soci per il bilancio. Il volante del cda toccherebbe al rappresentante dello stato francese, mentre Carlos Tavares prenderebbe subito i comandi di guida.

Ma torno alla domanda iniziale: solo la mano pubblica salverà l’auto in crisi? Sul Sole 24 ore, Alessandro Plateroti lamenta l’asimmettria di questi aiuti di stato, per Bruxelles da condannare soltanto quando c’è di mezzo l’Italia o comunque quando non ci sono né Francia né Germania.  Giorni fa, invece , Barbara Spinelli su Repubblica sottolineava (ecco il link) come  Sergio Marchionne, in un’intervista allo stesso giornale, ammettesse che Fiat-Chrysler non sarebbe esistita senza l’amministrazione Obama: “Quando le crisi sono devastanti non si può fare a meno dello Stato, perché solo quest’ultimo è in grado di metter fine alla devastazione, solo il pubblico sa scommettere sul futuro senza pretendere l’immediato profitto cercato da cerchie sempre più ristrette di privati”.

Così è stato per la Chrysler di Lee Iacocca, ancora così per la Gm cinque anni fa. E in fondo la Renault di Louis Schweitzer non si sarebbe avventurata alla conquista della Nissan nel 1999 se dietro non ci fosse stato di nuovo il governo francese.  Avanti il prossimo?

 

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