Formula 1, ci siamo. Da oggi al 31 gennaio si terranno a Jerez i test delle monoposto di nuova generazione, cambiate in modo radicale. Per quanto riguarda l’estetica in primis ma anche e soprattutto per il powertrain: nuovo motore e nuovo sistema di recupero di energia. A spingere la rivoluzione Jean Todt che, una volta salito ai vertici della Federazione Internazionale dell’Automobile (FIA), ha deciso di dare una svolta all’immagine della Formula 1. Partendo dalla ricaduta tecnologica sulle vetture di serie di quanto visto (e provato) a bordo delle monoposto: una spinta che negli ultimi anni si era completamente esaurita, trasformando il mondo delle corse in una specie di circo a privilegiare le prestazioni fine a se stesse.
L’arrivo in FIA di Gilles Simon, uno degli uomini di Todt alla Ferrari, di cui era il responsabile dei motori, è servito a creare un settore fondamentale all’interno della Federazione, una specie di area di R&D, ricerca e sviluppo, con un vero esperto in una posizione strategica: Simon mise mano subito al problema, creando una discussione tra i massimi esperti di motori al mondo e tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011 la bozza del nuovo regolamento era pronta.
Gli elementi portanti di questa bozza erano il cosiddetto “downsizing” e il recupero di energia, temi oggi molto cari alla produzione di serie che hanno portato oggi al motore 6 cilindri a V 1.600 c.c., sovralimentato. La novità, sul piano del recupero energetico ERS (Energy Recovery System), riguarda poi il posizionamento dell’alternatore sul turbocompressore, MGU-H (Motor Generator Unit – Heat) utilizzato per recuperare energia dall’albero di collegamento (rotazione fino a 120.000 giri minuto) tra turbina e compressore ed inviarla al pacco batterie ES (Energy Store). L’altro elemento del sistema sarà l’MGU-K (Motor Generator Unit –Kinetic), un motore elettrico, installato invece sulla catena cinematica di propulsione a monte della frizione e con un regime di rotazione massimo di 50.000 giri al minuto.
Il nuovo regolamento consente dunque il recupero di energia termico – meccanica attraverso il collegamento di un alternatore al turbo, in modo da incrementare per via elettrica, quello che è normalmente restituito in termini di pressione di sovralimentazione grazie all’azione del gas di scarico sulla turbina. Ma non solo. I tre elementi sono liberi, con qualche minima limitazione, di interagire uno con l’altro: l’alternatore può inviare la corrente sia alle batterie che direttamente al motore elettrico posizionato sulla trasmissione, sommando dunque la fonte di energia per farlo funzionare al prelievo “tradizionale” dal sistema di accumulo.
Avere poi il motore elettrico in parallelo all’albero motore sulla trasmissione a monte della frizione, significa che si apre una interessante pagina sulla logica della distribuzione di coppia considerando che questo potrà fornire un contributo fino a 200 Nm. In materia di pesi, il sistema propulsivo dovrà avere un peso minimo di 145 kg, mentre l’accumulo potrà oscillare tra i 20 ed i 25 kg. Il flusso di benzina massimo consentito è di 100 kg all’ora.
L’integrazione di tutti questi elementi costituisce un problema non banale nella progettazione della vettura del 2014. Una cosa va detta: la scarsa limitazione dei test che vige oggi in Formula 1 non aiuterà di sicuro a risolvere, nella fase iniziale, i grossi problemi di affidabilità che dovrebbero insorgere. Si tenga conto che collegare un alternatore che può girare fino a 120.000 giri al minuto ad un turbo, il cui lato caldo raggiunge 700 – 800 gradi, non è un problema del tutto banale da risolvere, e se poi a questo si aggiungono anche le sollecitazioni dovute alla prestazione della vettura, si capisce come lo stress termico – vibrazionale sia estremamente elevato.
Come andrà a finire? Magari che nelle prime gare dell’anno, saranno in pochi a tagliare il traguardo …
Complimenti ancora a Carblogger,ottimo articolo di Giorgio Stirano che si è aggiunto a questa squadra di ottimi professionisti dell’auto! Vostra fan Marta