La Jeep Renegade presentata al Salone di Ginevra permette a Sergio Marchionne di sedersi di nuovo al tavolo da gioco. Dopo un’assenza di prodotti di volume da parte “italiana”, con l’eccezione della 500L a confermare la regola (che per altro sui mercati va bene smentendo l’affermazione del manager secondo cui in tempi di crisi non conviene lanciare nuovi modelli), il gruppo Fca si è fermato a Melfi. La fabbrica lucana dove la Fiat Punto sta lentamente scomparendo, dove c’è cassa integrazione, dove la produzione dovrebbe finalmente ripartire con numeri non ancora ufficiali ma che darebbero spazio al lavoro. Sono 4500 dipendenti, si parla di 150.000 Renegade all’anno a regime e di 130.000 Fiat 500X: “Nel loro insieme – dice Marchionne senza confermare queste cifre  – sono più che sufficienti per saturare la capacità produttiva di Melfi”.

Non è vero, ma certo ci si avvicina. Sperando che i mercati globali cui è destinata in particolare la Renegade (100, dice Mike Manley, capo di Jeep), assorbano il prodotto e non finisca come a Pomigliano. Dove non tutti i dipendenti sono stati riassunti come promesso dall’azienda e dove è stata richiesta la cassa integrazione per un altro anno per una parte di lavoratori, causa crisi e nonostante la Fiat Panda sia leader del segmento in Europa.

Marchionne riparte da Jeep perché è il marchio più internazionale che ha insieme ad Alfa Romeo. Solo che per Alfa mancano ancora i soldi, Jeep può contare sui profitti del brand e del gruppo Chrysler. Jeep è notorietà, anche se in Europa è minore rispetto al resto del mondo, con numeri di vendita più piccoli.

Renegade, vista da  vicino – una pre-preproduzione, con niente sotto in attesa che le prime vetture escano complete dalla fabbrica il prossimo 14 luglio – ha l’aria di un’auto furba. Davanti è molto Wrangler (come ho scritto nel gennaio dell’anno scorso sulla base di quanto mi avevano raccontato  dall’interno del gruppo) , nell’insieme ha forme squadrate altrettanto tipiche del marchio senza seguire le mode. Nulla a che vedere per intenderci con le linee audaci di una Nissan Juke (capostipite del segmento), nulla a che vedere con la reinterpretazione del marchio Land Rover, felice stando ai dati di mercato (Evoque, ma non solo), con modelli sempre meno squadrati e più dans le vent.

Di Jeep, Renegade avrà tutte le migliori dotazioni off road, gli americani non l’avrebbero lasciata produrre all’estero senza questa garanzia. Piacerà? Per me non è un colpo di fulmine, ma la mia affermazione lascia il tempo che trova.  Avremo modo di riparlarne.

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