Da lunedì 31 marzo a Roma le linee di bus 116, 117, 119 e 125 sono sospese. La notizia potrebbe sembrare di poco conto ma non lo è. Le linee non più attive erano “esercitate”, come si dice in gergo trasportistico, da minibus elettrici. Tanto che Roma è (era?) in Europa tra le città con la più grande flotta di bus elettrici in servizio. Nel comunicato dell’Atac, l’azienda romana del trasporto pubblico, non ci sono spiegazioni. In realtà, alla base della sospensione, ci sarebbe un contenzioso tra l’Atac e Tecnobus, l’azienda produttrice dei bus elettrici che si occupa anche della loro manutenzione. Batterie comprese.

Una ipotesi plausibile. Tanto più se la vicenda romana ricalca fedelmente quanto successo a Firenze nei giorni scorsi. Nella città toscana fino al 2009 erano 31 i bus elettrici impiegati nel centro storico. Ad oggi, da quanto mi risulta, ne sono rimasti solo 12, gli altri sono stati sostituiti da mezzi a metano o gasolio. Dei 26 minibus elettrici, previsti poi dalla gara d’appalto del 2012, solo 7 sono stati poi realmente richiesti dall’Ataf, l’azienda del trasporto pubblico fiorentina ormai privatizzata. Il motivo del passo indietro sarebbero anche in questo caso i contrasti tra l’Ataf e la Tecnobus: “A fronte di un costo medio di manutenzione di 0,4 euro al chilometro del parco autobus da 12 metri, il contratto con Tecnobus di manutenzione dei bus elettrici costa 1,5 euro al chilometro batteria esclusa“, spiega Ataf in un comunicato. Che poi aggiunge una frase che anche a Roma probabilmente condividono: “Quando il nuovo modello di gestione della mobilità elettrica funzionerà, dimostrando la sua sostenibilità ambientale ed economica, potrà estesa anche ad altre realtà italiane”.

A questo punto mi sembra chiaro. I conti non tornano. Se si vuole pagare la manutenzione e la gestione delle batterie di un bus elettrico quanto quella di un veicolo a gasolio, magari non considerando esternalità e costi sociali, è difficile trovare un accordo. Tanto più se a fare i conti è un’azienda privatizzata i cui manager devono in qualche modo render conto agli azionisti (Firenze) o un’azienda comunale senza cassa, rovinata da mala gestione e finita sotto i colpi dei tagli agli enti locali (Roma). Se poi manca anche l’indirizzo che dovrebbero dare le istituzioni, il gioco si chiude e il risultato è uno solo: niente più bus elettrici nelle strade italiane. Dopo i bus, toccherà ai (pochi) progetti di colonnine di ricarica per auto elettriche? Alla faccia delle domeniche a piedi.

*** Aggiornamento: l’Atac di Roma con un tweet ha annunciato qualche minuto fa che due delle linee che utilizzano minibus elettrici riprenderanno il servizio dal 7 aprile: lieto fine?

Commenti
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    E’ strano che, in questa vicenda, non si faccia menzione alcuna dei debiti che sia ATAC sia ATAF hanno contratto da circa un anno con la Tecnobus, per quasi 2,5 milioni di euro complessivi, e che concretamente stanno portando alla messa in mobilità di tutti i dipendenti. Come mai ci si preoccupa dei costi di gestione solo quando è il momento di pagare le fatture, e non si decide di intervenire prona di accumulare un tale debito? ATAC e ATAF hanno a tutti gli effetti approfittato finché hanno potuto, vantandosi di un servizio elettrico pagato da Tecnobus. Così chiunque è in grado di amministrare una Società.

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