Scandalo Gm. Non è facile affrontare il fuoco incrociato di domande di una commissione d’esame, o del collegio giudicante di un tribunale, figuriamoci due ore e mezza di interrogatorio da parte di una trentina di parlamentari. Ma anche con questa premessa, la testimonianza di Mary Barra di fronte alla commissione Energia e Commercio della camera Usa è stato un fiasco.

Almeno per le aspettative dei politici che cercavano risposte per conto dei due milioni e mezzo di consumatori proprietari delle auto Gm richiamate, e quelle dei parenti delle vittime morte a bordo di vetture che si bloccavano durante la guida a piena velocità, senza contatti elettrici, senza servo sterzo, senza airbag. Tutto per colpa, abbiamo appurato durante l’audizione, di una molla dell’interruttore dell’accensione, la cui sostituzione sarebbe costata alla Gm 56 centesimi.

“Troppi in confronto al possibile costo delle effettive riparazioni che saranno probabilmente richieste in garanzia”, c’è scritto su un documento che chiude un ‘inchiesta interna condotta nel 2004. La fine di questa storia ci dirà che l’ingegnere che l’ha firmato si sbagliava anche sul calcolo dei costi in dollari, per non parlare di quelli in vite umane.

Barra si è presentata con la faccia sincera ed onesta che le è valsa il plauso dell’intera industria al momento della nomina a capo della Gm: nessuna ostentazione di potere, nemmeno l’ombra dell’arroganza di tanti suoi colleghi di fronte a domande a volte ingenue, ma sempre irriverenti. La novità della sua presenza però è finita qui. In quanto alla sostanza, era ingessata nel classico richiamo al V emendamento: “Questa materia è oggetto di un’inchiesta indipendente che abbiamo commissionato, e fino alla sua conclusione non sono in grado di rispondere”.

Una corazza d’acciaio sotto la quale ha sepolto il 90% delle domande, ovvero tutte quelle che non avessero a che fare con “la nuova cultura che sotto la mia guida vige ora alla Gm, nella quale la sicurezza è diventato core business”. Ma perché prima cos’era, l’hobby della domenica?

Eppure sotto la corazza qualche piccola perla è apparsa qui e là, ognuna con il fragore di una bomba. Ne offro una piccola rassegna:

1) 2002 – La Gm commissiona l’interruttore alla Delphi, e indica il valore di coppia che la tensione della molla deve rispettare per evitare un gioco eccessivo, e quindi il rischio che la chiave passi accidentalmente dalla posizione ‘on’ a quella di ‘run’, che disattiva quasi tutti i circuiti elettrici. La Delphi consegna un progetto nel quale la coppia è di meno della metà dei Nm necessari. La Gm approva.

2) 2004 – La Gm lancia un’inchiesta interna sull’interruttore difettoso. Il problema viene riconosciuto, ma non viene ritemuto sufficiente per iniziare una pratica di richiamo. La base del giudizio è l’opportunità commerciale: il costo della sostituzione è di circa 76 centesimi. Quello previsto per le possibili richieste di interventi in garanzia circa 20 centesimi.

3) 2006 – La Gm decide di sostituire l’interruttore senza cambiare il codice identificativo, probabilmente per non dare nell’occhio alla Nhtsa. La Delphi consegna di nuovo un dispositivo con la coppia di tensione aumentata, ma sempre inferiore alle specifiche richieste. La Gm approva. Ai dealers viene mandato un comunicato che raccomanda di consigliare ai clienti di alleggerire il portachiavi e rimuovere ciondoli pesanti. Pochi mesi dopo iniziano a contarsi le morti che la stessa Gm ammette sono causate dal difetto.

4) Un annuncio significativo Barra l’ha dato quando ha detto che, a mediare i compensi per i parenti delle vittime, ha chiamato l’avvocato Ken Feinberg, che ha già svolto un simile ruolo nella crisi dell’11 settembre 2001 e nella liquidazione dei danni per le vittime delle bombe alla maratona di Boston l’anno scorso. Evidentemente agli occhi del cda della Gm la causa in corso è imparentata con i due precedenti.

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