Apple e Samsung, sono tre anni che se le danno di santa ragione, saltando da un tribunale internazionale all’altro, come fossero Godzilla e uno dei suoi giganteschi nemici di cartone. Un colpo di coda in California, e la Apple vince la prima battaglia su una manciata di brevetti. Una vampata di fuoco, e il Samsung Galaxy Tab 10.1 scompare dalla Germania; un colpo di artiglio, e torna sul mercato britannico. In tre anni, la guerra su più di 1.000 brevetti è costata miliardi di dollari ai due giganti dell’elettronica, determinati a difendere il vantaggio tecnologico che vantano l’uno sull’altro.

E mentre tutti pensavamo che l’oggetto della contesa fossero tablet e smartphone, ecco che negli ultimi tempi l’automobile (quella “nuova” per intenderci) è spuntata a dividerli, in un campo appena un po’ più affollato dalla presenza simultanea di Google, Uber e Tesla.

Di loro vetture in realtà ce ne sono poche in circolazione, almeno quelle che è dato di vedere agli occhi dei mortali. Ma che qualche novità importante stia bollendo in pentola oltre le mura ciber-protette delle nuove cittadelle del sapere è ormai chiaro.

La Apple in tutto il 2014 aveva fatto registrare qui negli Usa otto brevetti di settore automobilistico. Poi dalla fine dell’anno è partita la caccia. Alla A123, la maggiore produttrice di batterie agli ioni di litio, ha rubato 7 specialisti di settore. Dalla Ford, Apple ha prelevato Mujeeb Ijaz, sedici anni di esperienza alla Ford e 17 brevetti depositati con la sua firma. Diciotto tecnici, sempre di batterie, l’azienda di Cupertino li ha prelevati alla Tesla, e l’operazione le è già costata una denuncia.

Pare che Cook paghi un bonus di 250.000 dollari all’ingaggio, e un rilancio del 60% sui salari a chi accetta di saltare il fosso in barba ai vincoli di contratto. Gli osservatori che guardano i segni superficiali della battaglia in corso parlano di una iCar in preparazione, o almeno di un forte interesse della Apple per lo sviluppo di nuove tecnologie sull’accumulazione e lo stoccaggio di energia. E chissà, di una acquisizione della stessa Tesla dal gigante della Mela.

Negli ultimi giorni si parlava anche di un corteggiamento in atto da parte tra l’azienda di Cook dell’austriaca Magna, che è una delle ditte maggiormente specializzate nella ricerca sulle batterie. Ed ecco che lunedì da Seoul annunciano che la divisione batterie della Magna è finita nelle mani della Samsung, una società che all’auto aveva iniziato a guardare già venti anni fa con investimenti cospicui, ma che poi aveva passato la mano, lasciando che fosse la Nissan Renault a usare i suoi impianti coreani sottoutilizzati.

Cosa dobbiamo leggere nel fatto che le protagoniste più vivaci di questa nuova scacchiera automobilistica hanno tutte radici comuni nell’hi-tech, incluso Elon Musk che i soldi per aprire la Tesla li ha fatti con Paypal? E cosa concludere a partire dalla considerazione che tutte queste aziende non hanno alcuna connessione con il mondo tradizionale dell’industria dell’auto? La mia impressione è che l’industria ultracentenaria che sembrava essere sopravvissuta quasi intatta alla boa del millennio, sia finalmente arrivata alla soglia dell’ “Auto 2.0”.

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