In attesa di vedere gli sviluppi dell’ennesimo episodio che in questi giorni vede il nostro Eroe dei Due Mondi, Sergio Marchionne, impegnato all’assalto di questo o quel concorrente nel tentativo di portare a termine con ogni mezzo il suo progetto di fusione, vale la pena tornare sul tema del ‘motore unico’ sollevato dal direttore di Quattroruote in un recente editoriale.
Come è noto, nell’ormai famosa presentazione agli analisti intitolata “Confessioni di un drogato di capitale”, tra le altre cose Marchionne aveva detto che “ai clienti non frega nulla quale quattro cilindri è nel cofano della propria macchina”, tesi prontamente confutata da Quattroruote che invece sostiene che “i motori, anche più piccoli dei quattro cilindri, continuano a rappresentare per moltissimi marchi un elemento distintivo su cui basare la propria offerta di prodotto”. Citando gli Ecoboost di Ford (che hanno vinto per il terzo anno consecutivo il premio di Motore dell’Anno), gli Skyactiv di Mazda e, naturalmente, l’ibrido di Toyota.
Per non parlare, aggiungiamo noi, della famiglia Energy TCe diRenault, dei nuovi SGE di Opel, dei Pure Tech di PSA, anche loro montati su vetture che sono dirette concorrenti di Fiat, come Twingo,Clio, Adam, Corsa, C3, 208.
A ben vedere, negli ultimi anni la nuova generazione di motori a tre cilindri, turbo o aspirati, ha rappresentato probabilmente l’innovazione più importante per le vetture compatte, al punto che tali motori sono stati progressivamente adottati – opportunamente modificati – anche nei segmenti superiori, come l’Ecoboost 1.0 da 125 cavalli che equipaggia le Ford Focus ed il crossover C-Max. E si tratta di un’innovazione vera, nel senso che ha ridefinito gli standard in termini di consumi e prestazioni, stabilendo nuovi parametri di efficienza ed accessibilità rispetto ai tradizionali motori a quattro cilindri.
Come sempre avviene, il mercato ha premiato l’innovazione, e questi motori oggi equipaggiano le versioni più vendute, quelle cioè che definiscono la percezione rispetto ad un certo modello, e in ultima analisi la scelta dei clienti. Ecco perché Quattoruote li chiama ‘brand nei brand’.
Qualche anno fa, anche Fiat aveva tentato di introdurre con i nuovi motori a due cilindri Twinair, sviluppati ‘in-house’ dalla Fiat Powertrain allora guidata da Alfredo Altavilla (oggi a capo della regione EMEA di FCA), un’innovazione che purtroppo non si è rivelata tale: i clienti non sono riusciti a capirne i benefici, costavano
quanto un quattro cilindri, e nell’uso quotidiano consumavano di più. Scorrendo il listino Fiat, sono ancora disponibili su 500, 500L, Panda e Punto, ma ci risulta che complessivamente l’engine mix del Twinair sia inferiore al 10%, anche tenendo conto dell’abbinamento col metano.
Inevitabilmente, viene da chiedersi se la questione del ‘motore unico’, e non solo, in realtà non nasconda la consapevolezza da parte di Marchionne che FCA non è in grado, per know-how o per risorse, di mantenere il passo dei concorrenti, quando si tratta di sviluppare nuove tecnologie che fanno o faranno la differenza per il cliente.
Ricordo di aver letto da qualche parte che nel suo ufficio al Lingotto teneva di fronte alla sua scrivania un grande quadro nero con la scritta bianca ‘COMPETITION’: mi domando se l’abbia portato con sé a Londra, o a Detroit, se si sia perso nel trasloco, o semplicemente se sia rimasto lì dov’era.
Che una parte dei consumatori possa essere poco interessata ai dettagli meccanici del prodotto ci sta. La visione Marchionniana del motore unico è però a mio avviso il punto d’arrivo di quel liberismo che, a furia di virare a destra, sfocia nel socialismo reale.
Con Trabant e Lada abbiamo già dato all’altare del motore unico sovietico. E ci è bastato.
Che poi a Sergione dia fastidio svenarsi in R&D non è una novità. Ma non è una strategia con la quale si va lontano…