Comprereste le azioni di una società che ha un ROE di -56,77%, un ROA di -10,41%, Return on capital di -16.31%, profit margin di -17.84%, operating margin di -5.84% e dall’altro lato un EV/EBITDA pari a 136.89, P/Book di 22.32 e EV/Sales 5.84? Anche senza conoscere nessuna delle sigle di cui sopra, vi verrebbe forse il dubbio che qualcosa non torna: troppi meno davanti alle percentuali e troppi più davanti alle frazioni. Di quale società sto parlando? Di Tesla, la cui situazione finanziaria è molto chiacchierata. E che, nonostante questo, ha delle valutazioni stratosferiche, specialmente se confrontate con i competitor, sia americani che europei.
Qualcuno potrebbe obiettare che i veri concorrenti di Tesla non sono Bmw o General Motors ma piuttosto Google, Apple, Uber. Bene, anche in questo caso i numeri di Tesla farebbero sorgere almeno qualche dubbio. Allora come mai le principali case di investimento esprimono un parere di “buy” sul titolo? Ben il 40% degli analisiti sono positivi, il 35% è neutrale e solo il 25% è negativo.
Tutto è basato sulla figura del suo fondatore e socio principale di Tesla: Elon Musk, che sembra riuscire ad incantare le folle (e anche gli investitori) per convincerli che la sua visione è proprio quella giusta. Le valutazioni di Tesla sono davvero altissime, quasi 1 milione di dollari per ogni auto venduta l’anno scorso. E’ una società che brucia liquidità alla velocità della luce e con un incremento notevole: nei primi sei mesi di quest’anno ha già speso 760 mln di dollari.
Diverse volte Tesla si è trovata vicina alla bancarotta e i soldi sono sempre arrivati al momento giusto, perché Musk è riuscito ad “ispirare” le persone o perché li ha messi direttamente lui. Entro la fine di quest’anno dovrebbe vendere circa 50.000 auto (per darvi un’idea, l’anno scorso Bmw ha venduto più di 2 milioni di auto), un numero troppo basso per riuscire a modificare una situazione finanziaria preoccupante.
Eppure Goldman Sachs ha prestato a Tesla ben 275 milioni dollari, ha un giudizio neutrale sul titolo e nella sua ricerca, mentre per “giustificare” i numeri futuri (si aspettano 290.000 auto entro il 2020 e 760.000 entro il 2025) paragona il caso Tesla a quello di tre eventi “disruptive” come sono stati l’iPhone, la Ford Model-T, e l’invenzione di elettrodomestici di massa quali il frigorifero, la lavatrice o la lavastoviglie.
Certo a Elon Musk non mancano i soldi da mettere in Tesla e, finchè riuscirà ad essere convincente, potrà anche trovare molti altri investitori esterni. Ma una valvola di ossigeno gli arriva da un’altra delle sue società: Space X. Si tratta di una “private company”, cioè una società non quotata e per la quale non c’è neanche all’orizzonte l’idea della quotazione.
Fondata nel 2002 proprio da Elon Musk, produce razzi parzialmente riutilizzabili (Falcon) e capsule per il trasporto orbitale di persone e merci (Dragon). E’ stata la prima compagnia privata ad aver inviato un veicolo spaziale alla Stazione Spaziale Internazionale. L’obiettivo dichiarato da Musk è quello di creare una colonia su Marte ma, nel frattempo, sta collaborando con Nasa e Pentagono, con contratti per miliardi di dollari. Poiché non è quotata, non si hanno numeri certi né in termini di costi, né in termini di ricavi, ma la società sembra proprio profittevole e con un cash flow positivo.
Nell’ultimo round di finanziamenti anche Google, anzi Alphabet, e Fidelity hanno investito 1 miliardo di dollari in SpaceX. In questo modo Alphabet avrà il 7,5% di SpaceX e Fidelity il 2,5%: questo significa che, se SpaceX fosse quotata, la capitalizzazione sarebbe di circa 10 miliardi di dollari, una valutazione che è più o meno il triplo di quella che è stata fatta da alcuni analisti di Wall Street.
Insomma, da una parte ci sono Solar City (l’altra società di Musk che produce sistemi di energia solare) che negli ultimi 12 mesi ha perso circa 28 milioni di dollari e Tesla che ne ha persi 18 volte tanti, dall’altra SpaceX. Si sa che SpaceX ha investito pesantemente in bond emessi da SolarCity (in pratica le ha prestato dei soldi), mentre non si ha ancora nessuna evidenza del fatto che SpaceX abbia in alcun modo finanziato Tesla. Però è facile immaginare che SpaceX sia un po’ una “cassaforte” di famiglia, pronta ad andare in soccorso di chi ne ha bisogno.
La settimana scorsa Elon Musk, alla Sorbona, in un discorso a latere della conferenza sul clima di Parigi, si è detto convinto che l’introduzione di una “carbon tax” avrebbe il vantaggio di accelerare la transizione verso energie “pulite” che avrebbero, a loro volta, un impatto molto positivo sui cambiamenti climatici in corso.
Mi sembra ci sia un piccolo conflitto di interesse in questa richiesta. Musk è un uomo molto intelligente e, secondo me, anche un filo diabolico. Ha creato tre società assolutamente complementari tra loro e, fino ad ora, solo una si è rivelata essere la gallina dalle uova d’oro. Se dovesse essere introdotta veramente la carbon tax, ecco che Tesla ne beneficerebbe sicuramente, seguita da SolarCity. E se poi le cose proprio dovessero andare male … allora si scappa tutti su Marte!
Mi si perdoni la domanda, forse sciocca, ma SpaceX in che modo guadagna soldi?