Non basta fare qualche accordo con società tech per diventare una “mobility company”: serve un’impostazione aziendale coerente con la mobilità alternativa e…tanti soldi! Volvo ha entrambe queste caratteristiche: infatti, pur senza grandi proclami in tal senso, ha fatto dell’innovazione uno dei suoi cavalli di battaglia e l’arrivo dei cinesi, con la loro liquidità, ha completato il cerchio. Per Volvo ormai il primo mercato è proprio la Cina, al secondo posto se la giocano Svezia e America.

Parlando con Martin Rosenqvist, New Technology & Services Director di Volvo, sono rimasta sbalordita dai progetti che la casa svedese sta portando avanti con l’obiettivo di migliorare la vita dei propri clienti, innovando, ma con un occhio alla sicurezza, sia fisica che digitale. In tanti hanno paragonato Volvo ad Apple, poiché la S60 Inscription è un’auto disegnata in Svezia, prodotta in Cina e venduta negli States. A me però ricorda più il campus di Google, un fermento di idee e progetti in continuo movimento; in questo devo dire che il nome Volvo (dal latino volvere) pare essere proprio azzeccato.

Ma andiamo con ordine. Mobilità alternativa e carsharing Volvo? Presente. Basta arrivare a Stoccolma per rendersi conto di quanto Volvo sia radicata sul territorio. Non sapevo che anche loro avessero una partecipazione in un carsharing: basta atterrare all’aeroporto per scoprire Sunfleet, questo il nome del servizio, e sembra subito di essere circondati.

Guida autonoma Volvo? Presente. Tutti a parlare di guida autonoma: loro ci stanno lavorando dal 2013, lanciando il progetto Drive Me insieme alla Chalmers University, all’amministrazione cittadina di Goteborg, e alle agenzie governative che presiedono ai trasporti. Dall’anno prossimo inizieranno a circolare a Goteborg le prime 100 driverless car di Volvo: “Real cars, on real roads, with real people, in real traffic”. Ma già stanno pensando al seguito e lanceranno Drive Me anche a Londra, negli Stati Uniti ed in Cina.

Proprio quest’ultima è la grande scommessa di Volvo: il traffico e le strade cinesi sono tra le più difficili al mondo per le driverless car e, una volta superati i test in quel territorio, il costruttore ritiene di poter esportare la guida autonoma dappertutto. Hanno risolto anche il problema dell’assicurazione in caso di incidenti: se la causa dell’incidente è attribuibile all’autista (ad esempio perché ubriaco) allora pagherà “l’umano”, mentre negli altri casi sarà Volvo a farsi carico dei danni.

Sempre legato alla guida autonoma è lo sviluppo di Concept 26, un progetto presentato in collaborazione con Ericsson, che prende il nome dai 26 minuti che costituiscono il tempo di percorrenza medio giornaliero del pendolare americano. Si tratta di un concetto di design di abitacolo nuovo, non solo dedicato al viaggio ma anche all’intrattenimento.

Secondo le due aziende le auto dovranno essere costantemente connesse, ma con nuove modalità e tecnologie, in modo tale da prevedere sovraccarichi della rete, o anticipare eventuali blackout di trasmissione. Ad esempio, un contenuto video potrà essere scaricato in background mentre ci si trova in una zona ad ottima copertura, per poi offrire una visione costante durante tutto il tragitto. Il concept prevede la possibilità di interazione tra il navigatore satellitare, le informazioni sul traffico e lo streaming video, così da creare rotte e contenuti della stessa durata: il vostro film preferito sarà ai titoli di coda proprio mentre arrivate a destinazione. La partnership con Ericsson, per Volvo, non è assolutamente un caso: due eccellenze svedesi in un’ottica globale.

Azienda 4.0? Presente. Il progetto Born to drive mira a risparmiare tempo, aumentando l’automazione dell’aziendaVolvo ha notato che un’auto viene guidata circa 30 volte dalla fine dell’assemblaggio alla concessionaria: in ognuno di questi passaggi, una persona deve salire in auto e portarla fino al successivo. Con “Born To Drive” stanno sviluppando una soluzione che permetterà la guida autonoma del veicolo durante questi frangenti, consegnandola al posto e momento giusto, con un monitoraggio costante per evitare incidenti. L’obiettivo è arrivare a dimostrare questa tecnologia nell’estate del 2017.

Connected services? Presenti. Volvo ha presentato la chiave digitale: si tratta di un prototipo, da me provato, che si può definire qualcosa di veramente rivoluzionario. Auto e telefono si parlano tramite bluetooth, con un’app che sostituirà la chiave fisica con una chiave digitale. Questo aprirà la strada a nuove modalità di utilizzo e di condivisione delle automobili che potrebbero far impallidire Uber & Co. Si perché con la chiave digitale non posso solo aprire e chiudere l’auto con il mio smartphone, ma, ad esempio, potrò accedere a diverse vetture Volvo che si trovano in  luoghi differenti, o utilizzare altre funzioni come la “red key” un parental control per restringere il campo d’azione o la velocità massima, ed il “key sharing” che apre davvero nuove frontiere per il noleggio ma anche per il carsharing classico, come l’abbiamo conosciuto fino ad oggi: i proprietari di una Volvo potranno inviare, tramite l’app, la loro chiave digitale ad altre persone, consentendo loro di usare la propria auto.

Proprio il carsharing di Volvo, Sunfleet, testerà da quest’anno la possibilità, per le vetture, di essere utilizzate da chiunque desideri il proprietario, invece che rimanere inutilizzate in un parcheggio tutto il giorno.

Un altro servizio pionieristico collegato alla chiave digitale è quello lanciato lo scorso anno: la possibilità di ricevere gli acquisti online direttamente nel bagagliaio della vostra auto, fornendo una chiave digitale “monouso” a una società di spedizioni. Da qualche settimana hanno rafforzato questo servizio, garantendo le consegne in due ore, grazie all’accordo con la startup locale Urbit. Può sembrare una funzione inutile, oppure il classico capriccio, ma, dopo averla usata due volte, mi sento quasi dipendente. A maggior ragione ha successo in Svezia perché la cultura dello shopping online è molto più radicata rispetto all’Italia.

 

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