C’era una volta il marketing. Che, a dire il vero, non è mai stato un concetto univoco. Ma le sue declinazioni, oggi, sono praticamente infinite: web, direct, emotional, viral, tribal, buzz, guerrilla, multi level, content, ambient, agile, ecc ecc e chi più ne ha più ne metta. Tuttavia, come diceva qualcuno, “digital marketing can’t replace product goodness, no matter how wonderful and ‘of-the-moment’ it seems to be”.
Dev’essere ciò che ha pensato Jim Farley, capo di Ford Europa, pianificando il lancio della nuova Fiesta, presentata ai concessionari ed alla stampa internazionale la scorsa settimana a Colonia (arriverà nei saloni l’estate prossima). Dal punto di vista stilistico, la nuova Fiesta è un’evoluzione della generazione precedente, che ben si è comportata nel segmento B rimanendo stabilmente sul podio delle vetture più vendute in Europa, ma dal punto di vista del marketing di prodotto è senza dubbio un’innovazione.
Di fatto, Ford a Colonia non ha presentato un nuovo modello, ma un nuovo line-up, con quattro differenti versioni, ST-line, Titanium, Vignale ed Active, ciascuna rivolta ad un cliente specifico.
Tale approccio, che richiede un’adeguata preparazione, e di conseguenza una visione a medio-lungo termine, rappresenta in effetti uno dei capisaldi dell’implementazione della strategia ETS (European Turnaround Strategy) da parte di Farley, che sta generando risultati a dir poco sorprendenti a livello “bottom line”. Nei primi nove mesi, Ford Europa ha postato un profitto prima delle tasse superiore al miliardo di dollari con un margine di poco inferiore al 5%, numeri inimmaginabili fino a poco tempo fa. Basti pensare che era dal 2011 che Ford non faceva soldi in Europa, e che solo l’anno scorso ha guadagnato poche centinaia di milioni.
Vero è che negli ultimi tempi Ford ha chiuso tre fabbriche, tagliato migliaia di posti di lavoro e rivisto i piani di prodotto, ma a Farley, che è un leader controverso, va riconosciuto il merito di aver riportato il marketing di prodotto, storicamente un vantaggio competitivo di Ford, in primo piano, e di averne fatto, dopo un lungo periodo di letargo, un forte elemento di contribuzione, così come i veicoli commerciali, che per Ford rappresentano l’equivalente di un marchio premium, con margini a doppia cifra.
Appena arrivato in Europa, due anni fa, aveva già le idee chiare sul da farsi: “We have to be selective with where we compete. We can’t be this brand with all this choice. We have to stop investing in nameplates where we have no line of sight for profit”, un punto di vista di recente ribadito con altrettanta chiarezza: “Having that kind of special feeling in a mainstream product is where the market is going and where Ford as a brand needs to go to make money in Europe. We don’t want to build commodities anymore“.
“We don’t want to build commodities anymore”. Si. E’ quello che vorrebbero fare tutti. Anche Citroen con la DS. Il problema è riuscirci.