Un amico mi ha inoltrato un recente studio di AT Kearney secondo il quale il 30-40% dell’attuale rete di concessionari sarà rimpiazzata entro il 2025 da nuovi canali di vendita, con una ridefinizione di ruoli e responsabilità a tutti i livelli della distribuzione. Di conseguenza, anche la capillarità dei punti vendita si ridurrebbe più o meno della stessa entità, con nuovi “format” digitali in grado di soddisfare le esigenze del cliente lungo l’intero “customer journey”.

Il fattore principale dietro una trasformazione di tale portata sarebbe l’avvento delle vendite dirette da parte delle Case (soprattutto per quanto riguarda i marchi premium), che in questo modo manterrebbero il controllo e la gestione dei dati dei clienti, nonché l’integrità dei prezzi. Le strutture fisiche dei concessionari rimarrebbero, ma la loro importanza verrebbe sminuita nel tempo a favore di transazioni online e di punti di contatto virtuali.

Grazie ai nuovi canali ed ai nuovi “format”, conclude lo studio, i costi fissi scenderebbero di 4-6 punti e quelli variabili (sconti ed incentivi) di circa 4 punti. Al netto di un aumento di 3 punti dei costi a livello wholesale , con l’introduzione di servizi di mobilità in grado di generare ulteriori opportunità di fatturato, il taglio del costo totale di distribuzione sarebbe di circa 5 punti, dal 30 al 25%.

Curioso che nello stesso giorno riceva da un altro amico un’email in cui si racconta di una vivace polemica tra un noto costruttore e l’associazione dei concessionari a causa dell’eccessivo carico dello stock imposto ogni mese forzatamente ai dealer, e che le filiali di proprietà delle Case (soprattutto quelle dei marchi premium) continuano a perdere una barca di soldi in tutta Europa.

Sull’iPad leggo poi su un inserto di Repubblica che Sears, la grande catena di retail americana, l’anno scorso ha perso oltre due miliardi di dollari ed ha chiuso 150 punti vendita all’interno degli shopping malls a causa dell’aumento del commercio online. Negli Usa si stima che, sempre entro il 2025, la spesa di food sul web sarà pari al 20% del mercato.

Ma leggo anche che Amazon punta su nuovi negozi-supermercati senza casse (Amazon Go) e quindi senza code, mentre Alibaba, la più grande piattaforma e-commerce del mondo, ha appena comprato due catene di distribuzione fisica di 1.500 punti vendita ciascuna. Al contrario Costco, una catena di ipermercati fisici all’ingrosso, ha deciso di caricare sul suo sito online oltre 900mila nuove referenze, decuplicando la propria offerta virtuale.

Insomma, confesso di essere un po’ confuso da questa prospettiva “multi-channel”.

Per quanto riguarda l’auto, penso all’attuale esperienza d’acquisto, all’involuzione dei rapporti tra reti di vendita e costruttori, alla deriva promozionale della comunicazione e cerco di immaginare gli sconvolgimenti attraverso i quali dovrà passare il settore nei prossimi sette anni. “Not for the faint-hearted”, come diceva qualcuno.

Commenti
    Avatar autore

    Una visione un po’ da fantascienza . Prima di esprimere certi concetti futuristici dovreste entrare a fondo nelle dinamiche tra Dealer e Case costruttrici.
    Pensare che fra 8 anni si possa smontare una serie di regole molto complesse peraltro a favore delle case mi sembra molto difficile. Chi vivrà vedrà

    Avatar autore

    Copio e incollo da Lepouquitousse:
    “Caro Giorgio, grazie del commento.
    Il post voleva appunto riflettere le contraddizioni tra le conclusioni dello studio e la realtà attuale.
    A presto, LPQT”

Lascia un commento