Ogni volta che sono tornato dal salone di Francoforte, in settembre ad anni alterni con Parigi (nei dispari), mi sono sempre chiesto: ma se fossi un marchio non tedesco, spenderei tutti quei soldi per partecipare senza avere la minima possibilità di vincere almeno una volta?

Automotive News Europe mi ha dato finalmente una risposta, con la complicità di alcuni marchi che in passato avevo in qualche modo evocato.

Al prossimo salone di Francoforte nel settembre 2017 mancheranno Ford e Volvo (già assenti giustificati in altri saloni) Fiat, Jeep, Alfa Romeo (gruppo Fca), Peugeot e DS (gruppo Psa), Nissan e Infiniti, mentre Renault e Dacia, marchi del gruppo Renault-Nissan che fanno capo allo stesso boss Carlos Ghosn, ci starebbero seriamente pensando, aggiunge il sito.

La notizia non mi stupisce. Francoforte è il tempio dei gruppi Daimler, Bmw, Volkswagen, che hanno stand più simili a mall. Dove il resto, che non è mai poco, passa quasi inosservato. Nanni Moretti direbbe che un marchio italiano o francese o giapponese si noterebbe di più se non ci andasse.

Immaginate se questa affermazione di supremazia assoluta avvenisse a Parigi: si griderebbe alla smania di grandeur. O a Detroit: si direbbe la solita voglia di America First. O a Pechino: pericolo giallo. A Francoforte è invece soltanto dura lex, sed lex. Sennò non si viene e ciao.

Così molti marchi dicono ciao. Soprattutto se non si hanno nuovi modelli da proporre o si ha poco da raccontare, come è capitato per esempio a Fca due anni fa. Che si presentò senza novità, spese un sacco di soldi e alla fine non venne nemmeno Marchionne, forfait all’ultimo minuto per altro impegno.

Qualcuno dirà che non è così che si uccidono i saloni dell’auto. Ma poco ci manca. Anche perché stanno già morendo da soli.

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