Criptovalute, automobili e accesso ai dati: sembrano gli ingredienti di un film di 007 ma non si tratta di finzione scenica, è tutto vero e sono tre notizie in una.

Uniti Sweden è una startup svedese, fondata nel gennaio del 2016 da Lewis Horne, che ha come obiettivo quello di sviluppare una city car elettrica. Per finanziare lo sviluppo del prototipo ha usato la modalità dell’equity crowdfunding tramite la piattaforma FundedByMe riuscendo a coinvolgere 890 investitori per un totale di circa 2,2 milioni di euro.

Uniti ha quindi siglato una partnership con Siemens per far produrre al gigante tedesco la versione a due posti della sua auto elettrica (nella foto, e ne è prevista una anche a quattro posti) i cui prototipi sembra saranno presentati il 7 dicembre di quest’anno. Dal 2018 partirà la produzione vera, con le consegne previste per l’inizio del 2019 e un numero stimato di circa 50.000 auto prodotte. In pratica una piccola Tesla svedese che nel giro di due anni dalla nascita punta a produrre quasi quanto ha fatto Elon Musk in tutto il 2016, con le sue 76.000 auto elettriche.

Ma 2,2 milioni di euro non sono sufficienti a finanziare il progetto, ecco quindi che Uniti ha deciso di entrare nel mondo delle criptovalute e, a breve, emetterà degli Uniti Green Tokens (UGTs). In pratica in un’Ipo normale avreste in cambio delle azioni di un’azienda che si quota in Borsa, in un’ICO (Initial Coin Offering) avreste in cambio una criptovaluta.

L’emissione sarà in due fasi: una “prevendita”, destinata a operatori selezionati e a istituzioni, che nei mesi successivi sarà allargata a tutti. La prima notizia è quindi che l’automotive si avvicina alle criptovalute, ma andiamo oltre. A differenza di quanto accade con le azioni, non ci saranno dividendi ma si potranno soddisfare diverse esigenze: in un primo momento i token saranno rimborsabili da soggetti rilevanti che riceveranno in cambio i dati e lei formazioni che Uniti raccoglierà nel corso del tempo. In un secondo momento, i rimborsi per il grande pubblico prevedono la possibilità di avere accesso a servizi di mobilità o a possibilità di ricarica.

La seconda notizia è quindi che l’automotive inizia a “monetizzare” uno dei suoi beni più preziosi: le nostre abitudini di guida, di mobilità e di spostamenti. Anni fa i nostri comportamenti venivano studiati grazie alle tessere fedeltà di supermercati e negozi, o analizzando il nostro telepass o più banalmente la nostra carta di credito. Poi arrivano Google e quindi Facebook che alzano il tiro e le informazioni degli utenti diventano il vero bene prezioso. Chi più ne ha e più ne raccoglie ha più potere e può guadagnare più facilmente.

Ma anche le nostre auto, quelle attuali ma ancor più quelle future, forniscono e forniranno una quantità enorme di dati. Le case auto quindi li vendono e li usano. Per usarli devono elaborarli, ma i computer attuali sono troppo lenti. I computer quantistici sono il futuro perché possono risolvere compiti ad elevata complessità in modo molto più veloce rispetto ai computer tradizionali. Ed ecco la terza e ultima notizia, che chiude il cerchio: Volkswagen e Google lavorano insieme sui computer quantistici.

Volkswagen sta introducendo l’informatica quantistica in alcune aree di sviluppo utilizzando un computer quantistico di Google e una di queste riguarda lo sviluppo di nuovi processi di machine learning: una tecnologia chiave per il progresso dei sistemi di intelligenza artificiale avanzati, requisito fondamentale per la guida autonoma. Google si butta nella guida autonoma e Volkswagen si butta nei computer quantistici. Ma qual l’unico fil rouge? Noi che veniamo mappati. Ma non dovremmo essere pagati anche noi che cediamo le nostre informazioni?

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