Hai visto Geely? Il telefonino mi squilla più volte ricevendo una specie di domanda che a Roma suona più o meno: ammazza, Geely diventa primo azionista di Daimler – dunque anche di Mercedes e Smart – con quasi il 10% delle azioni, valore 7,3 miliardi di euro. Butto lì che Geely nel 2017 ha venduto in Europa soltanto 237 veicoli. un niente anche se più del nulla di 79 unità dell’intero 2016. Ma nessuno dei miei interlocutori raccoglie la bassa provocazione.
Fanno bene. Li Shufu (nella foto), 55 anni, il creatore del gruppo cinese che un tempo si dilettava a scrivere poesie con alcuni versi finiti a ornare pure l’enorme tappeto all’ingresso del suo quartier generale ad Hangzhou, l’aveva già fatta grossa nel 2010, portandosi a casa la Volvo per 1,8 miliardi di dollari. Un acquisto da Ford col botto, considerando anche che il costruttore americano aveva pagato il marchio svedese nel 1999 ben 6,4 miliardi di dollari. Con molto meno, Li Shufu poi si è preso la Proton, la Lotus e altro di meno noto. Lo shopping potrebbe non finire qui.
Daimler gode di ottima salute, 7,3 miliardi sembrano ben spesi. Geely è uno dei pochi gruppi dell’auto in Cina non partecipato o controllato dallo stato, anche se i confini fra pubblico e privato sono esigui in un sistema paese fondato sulla connessione fra Partito comunista, capitalismo di stato e democrazia vicino allo zero.
Perché ora l’operazione Daimler? Dato per scontato che sia un buon affare e che ci sia il solito interesse per tecnologie occidentali nel momento in cui l’industria dell’auto è in profonda trasformazione e necessita di investimenti crescenti, la questione ha implicazioni geopolitiche.
Per i gruppi cinesi, l’America di Donald Trump è diventata un muro, basta guardare il recente bando ricevuto da Huawei negli Usa per accuse di spionaggio, nonostante sia un gruppo privato (il fondatore del colosso tlc è un ex militare a capo del genio, quanto basta perché gli americani non si fidino o cerchino pretesti per non fidarsi).
L’Europa è invece un continente aperto ai cinesi (debolezze comprese). Geely ha già dimostrato con Volvo di saperci fare (rilanciando il marchio svedese rispettandone autonomia e identità), mentre i tedeschi sono di casa in Cina dai tempi di Helmut Kohl, cioè da più di trent’anni. Un rapporto più che collaudato. Oggi Geely più Daimler fa un po’ meno Trump, e potrebbero perfino vivere tutti felici e contenti.
Un applauso a noi intelligentissimi ed aperti europei. Roba da matti, ce ne vorrebbero mille di Trump in Europa…
Ma si, caro Bull, facciamo muri alti alti fino al cielo per separarci dagli altri. E poi ripristiniamo anche i confini in Europa. E dopo mettiamo anche un bel muro intorno all’Italia e ovviamente campi minati nel mare. E poi ripristiniamo le porte ai Comuni che si chiudono quando fa buio.
E dentro costruiamo dei castelli per difenderci dagli altri …