Transizione all’elettrico, che ritardo. Il Nobel per l’economia è stato dato solo ora all’americano William Nordhaus, 77 anni, per aver messo in connessione da quattro decenni il degrado ambientale alla crescita economica, a cominciare dalle influenze dei combustibili fossili sul cambiamento climatico.  E oggi siamo a un grado e mezzo dalla soglia di sicurezza oltre la quale rischiamo di finire nel caos climatico mondiale, anno 2030, ci hanno appena avvertito gli analisti dell’Onu di Intergovernmental Panel on Climate Change.

Due notizie così in una settimana uccidono pure i (pochi) cavalli della mia Vespa…

Nordhaus, Nobel insieme all’altro americano Paul Romer, è stato tra i primi a sostenere la necessità di una “carbon tax”, una tassazione dei combustibili fossili che tutti i governi dovrebbero imporre in modo uniforme per spingere l’industria a investire su energie pulite. Non so che auto guidi Nordhaus per andare a insegnare a Yale, ma mi piace pensare che sia una a batteria.

La transizione all’elettrico è in ritardo proprio perché, dopo un buon inizio a elettroni più o meno cent’anni fa, il mondo dei trasporti ha frenato controsterzando sul petrolio. Oggi l’ibrido è il mezzo di transizione, anche se molti lo mettono insieme al metano, al Gpl e perfino alla benzina e al diesel. Una transizione lentissima, infatti.

Fra il Nobel a Nordhaus e il grado e mezzo dell’Onu, Herbert Diess, ceo del gruppo Volkswagen, ha detto alla Sueddeutsche Zeitung che l’obiettivo del 40% di riduzione di anidride carbonica per nuovi veicoli al 2030 votato dal parlamento europeo avrebbe cancellato nelle sue fabbriche 100.000 posti di lavoro, un quarto in dieci anni.

Una stima forse corretta, forse no, ma non è questo il punto: Diess non c’entra niente con il dieselgate – essendo arrivato nel gruppo tre mesi prima che il caso esplodesse – ma sapendo della scorciatoia sbagliata presa da suoi predecessori avrebbe fatto bene invece a spingere sul tasto dell’elettrificazione e sul lavoro legato all’innovazione. Tasto su cui Volkswagen è per altro uno dei gruppi più impegnati.

Questa complicata e necessaria transizione all’elettrico mi fa venire in mente l’altro Nobel per la medicina assegnato all’americano James Allison e al giapponese Tasuku Honjo per i risultati nella lotta al cancro. “Hanno capito – si legge nella motivazione del premio – che si può stimolare il sistema immunitario per attaccare le cellule tumorali”. Una intuizione che risale all’inizio del secolo scorso, ma che è stato possibile sviluppare solo adesso. Come per l’elettrico.

Non c’è più tempo da perdere. In entrambi i casi.

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