Ma che succederà all’aria che respiriamo, soprattutto nelle città, quando tutti potremo tornare a guidare? E chi prenderà bus e metro con il virus che si aggira se ci si potrà permettere ancora la propria auto? Pura quelle vecchie e super inquinanti, salvo divieti di circolazione da confermare?

Mi faccio queste domande mentre esco di venerdì 17 per motivi giustificati, attraversando in Vespa una Roma assolata. Mi stupisco: cinque o sei auto ferme ai semafori, ogni tanto auto parcheggiate in doppia fila, un gran movimento nonostante le misure di contenimento del coronavirus risultino ancora attive.

Non siamo al tana libera tutti, ma c’è un clima da preludio anticipato se si vedono manovre anche davanti a negozi apparentemente fuori filiera autorizzata. Capisco che non se ne possa più. Ma se la situazione di decrescita infelice (troppi, troppi morti ancora) peggiorasse per una recrudescenza dei contagi,  la maggioranza dei rispettosi delle regole con chi se la dovrebbe prendere?

Il virus fa paura, ma fa paura anche il nostro imminente ritorno alla propria auto. E fa paura un uso prevedibilmente ancora più ridotto dei mezzi pubblici per i protocolli di sicurezza sanitari, e credo anche del car sharing: con chi condivido quell’auto che, già prima dell’epidemia, igienicamente parlando era spesso una schifezza per l’inciviltà di troppi?

Fa paura un parco auto tra i più vecchi e inquinanti d’Europa. Chiodo non scaccia chiodo: il virus non cancella l’inquinamento. E nemmeno il contrario, purtroppo.

Torno a casa e mi squilla il telefono. Bingo. Un caro amico proprietario di un grande auto Euro 3 diesel che usa solo nei fine settimana mi fa: “Che faccio? La rottamo o me la tengo? Quando si riparte, mica potranno peggiorare i divieti alla circolazione, il motore è a posto anche se la carrozzeria è da zingaro” (non male per un professionista con studio in centro storico a Roma).

E’ questa l’aria che tira in un post emergenza che ancora non c’è?

@fpatfpat

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