La domenica mattina a due passi da casa incontro spesso una nuova Land Rover Defender 110 grigia metallizzata. E’ parcheggiata alla bell’e meglio con i suoi 5 metri abbondanti, credo tirata fuori da un garage pubblico prima della solita chiusura romana alle 10 nei giorni di festa. La guardo sempre con un misto di curiosità perché, diciamolo, si distingue da tutto il resto e dai suv che la inseguono invano.
Rispetto alla vecchia Defender, è immensa e opulenta tra modernità e tradizione. Emana fascino, cosa che succedeva anche alla precedente generazione. Alla guida sono però come andare a nord e a sud, per ritrovarsi nella stessa direzione solo quando in fuoristrada si mette mano alla trazione integrale e allora si scala qualsiasi cosa.
Non mi stupisce che la nuova Defender non sia più un veicolo di nicchia, ma addirittura il più venduto del marchio nel terzo trimestre dopo una medaglia d’argento nel secondo dietro l’Evoque. Certo, in fabbrica gli hanno dato un aiutino rubando chip alle sue sorelle per utilizzare quei pochi a disposizione lì dove si generano margini maggiori, ma insomma, la linea della nuova Defender è piaciuta parecchio ai mercati.
Costruita praticamente uguale a se stessa dal 1948 al gennaio del 2016, dall’anno scorso la nuova – 90 e 110, 130 in arrivo – è andata in vendita seguita da una discussione un po’ da appassionati e un po’ da perditempo: ma quanto è Defender davvero, così alta da terra e non più spartana? A me è parso che a Gaydon ci abbiano messo un tempo infinito a rifarla, forse anche per paura di sbagliare, ma il direttore del design di Land Rover Massimo Frascella mi ha recentemente giurato davanti a un piatto vegano (e a uno senza glutine, andiamo bene…): “No, è stato facile”. Defender è ok e poi con un mito è sempre vietato sbagliare: su una Vespa, per esempio, è vietatissimo. Da Siberia.
Anche alla Mini i tedeschi di Bmw sono riusciti a non sbagliare nel rifarla vent’anni fa. La nuova è, come Defender, un altro mix riuscito di modernità e tradizione, salvo modelli deviazionisti e infatti espulsi. Purtroppo non è andata così con Volkswagen Maggiolino, la mia preferita fra le tre (l’evoluzione furba di Porsche 911 rimane un caso a parte in questa partita fra highlander).
Alla prima generazione di valore mondiale dell’auto del popolo è seguita una seconda, la New Beetle, che a me piaceva molto avendo linee e difetti quasi uguali a quelli della prima, e infatti non ha sfondato. Malelingue direbbero: l’ha fatta Franz von Holzhausen, attuale designer di Tesla… Alla terza di Walter de’ Silva, svelata tra rulli di tamburi, sono rimasto male per le sue (non) proporzioni (my own). Mi tirerebbe dietro una scarpa (da lui ora disegnata) se lo venisse a sapere. Ma tant’è, Volkswagen ha cancellato il Maggiolino e my favorite is gone away.
Defender come Mini? Yes, lezione di design. E’ un fatto. In un mondo dove tutto scorre sempre più velocemente, teniamolo a mente.