Land Rover ha un problema. Sarà perché sto svacanzando (copyright Dagospia) non lontano dal Regno Unito, ma mi ha colpito la notizia che Land Rover (e Jaguar, vivono insieme a casa Tata) subirà in questo e nell’ultimo trimestre un taglio alla produzione (e ai bilanci) per mancanza di alluminio. Effetto da crisi climatica (per chi continua a ignorarla): piogge infernali a Sierre in Svizzera hanno fatto danni tali che Novalis, gigante dell’alluminio e fornitore di Land Rover (e di altri clienti), ha dovuto fermare la produzione. Constellium, un secondo fornitore svizzero, ha dovuto chiudere per lo stesso motivo due impianti. L’industria dell’auto è il più grande consumatore d’alluminio del mondo.
Qualcuno penserà: che t’importa dell’alluminio di Land Rover? Ma perché l’alluminio è la storia di Land Rover! Da giovane cronista, l’auto non era il mio lavoro ma mi appassionava, e una volta un collega di grandissima cultura ed esperienza mi raccontò come la prima Land Rover nacque proprio grazie all’alluminio. Il modello venne chiamato così per esteso e la sua evoluzione dal 1991 prese il nome di Defender, arrivato sotto ben altre forme e opulenze ai giorni nostri. Per me è una macchina del tempo. Oltre che da soldi per il gruppo, che la vende oggi a prezzi stellari.
Era il 1948, un dopoguerra durissimo per tutti, anche per gli inglesi vincitori. Mancavano le materie prime e l’acciaio era una rarità, grosso guaio per la Rover Motor Company, che prima del conflitto produceva auto di lusso. Maurice Wilks, capo dei progetti del gruppo, pensò nel 1947 a un veicolo multifunzione ispirato alla Jeep Willys che l’alleato americano aveva portato in Europa insieme alle sue forze armate. Il prototipo divenne una 4×4 essenziale e robusta, pronta per il Salone di Amsterdam del 1948: al posto dell’acciaio, Wilks ebbe un colpo di genio utilizzando l’alluminio, perché quello c’era. Si chiamava Land Rover e basta.
Sono appassionato anche di storia e mi fa effetto che, quasi 80 anni dopo, Land Rover sia costretta per mancanza di alluminio a rallentare la produzione – compresa la linea della Defender in Slovacchia che ho visitato poco tempo fa. Tra l’altro succede per colpa di un’altra guerra, quella del clima. Non dichiarata, asimmetrica e più che mondiale.
Il direttore finanziario di Land Rover (e Jaguar) Richard Molyneux ha lamentato con gli investitori che il disastro sia capitato proprio mentre il gruppo ha chiuso uno dei migliori trimestri degli ultimi anni, con fatturato, profitti e margini in decisa salita. La speranza, ha spiegato, è di recuperare un po’ di alluminio attraverso la galassia Tata per supplire alla produzione. Con la Jaguar ferma per rifondazione, tutto l’alluminio del mondo a Land Rover.