Non è che in tempi di coronavirus ho chiamato Laurens van den Acker, capo del centro stile di Renault, per chiedergli: come va? E cosa fai lì ora che sono arrivati l’ex capo design di Seat Alejandro Mesonero-Romanos e l’ex capo design di Peugeot Gilles Vidal? Però uno che di queste cose se ne intende, mi ha detto: mettere il dubbio nella testa di un designer è come spezzare le ali a un uccello.

Luca de Meo è diventato nuovo amministratore delegato di Renault l’1 luglio scorso e le prime due decisioni (pubbliche) sono state l’assunzione di Vidal e Mesonero e quella di Fernando Alonso in Formula 1 per il prossimo campionato 2021. Messaggi forti: se il secondo si commenta da solo (altro che ritiro, si fa sul serio), il primo suggerisce che per de Meo la crisi di Renault nel dopo Ghosn va affrontata e risolta partendo innanzitutto dal prodotto. D’ora in poi il più charmant mai visto.

A me sembra ieri lo sbarco nel settembre del 2009 di van den Acker in Renault per una successione apparentemente complicata di Patrick le Quément, icona del car design con un grande potere all’interno. Ma van den Acker riesce e in un decennio rivoluziona l’immagine del marchio con successo. A dirlo è il mercato e non il mio gusto personale.

Adesso arriva de Meo, cui hanno subito fatto vedere il piano prodotti Renault da qui a cinque anni e, conoscendolo, avrà bocciato non poco – e dice un’altra cosa. Anzi, fa un’altra cosa: chiama Mesonero, con cui dal 2015 in quattro anni ha costruito gomito a gomito il successo di Seat, e lo inserisce nel centro stile di Renault come sua antenna. E chiama Vidal, che a sua volta in dieci anni ha rivoluzionato con successo l’immagine di Peugeot, portando in casa lo stilista primo rivale di van den Acker (Renault e Peugeot sono buona parte della storia di Francia, automobilisticamente parlando), indebolendo per altro il costruttore avversario.

Ora, è evidente che de Meo voglia rivitalizzare non solo Renault ma anche i marchi Dacia – qui l’intervento che forse serve di più per una formula geniale e vincente – e Alpine, che proprio non si chiude. E dunque sono necessarie nuove idee e nuove persone (ma la squadra di van den Acker costruita negli anni come si sentirà?). De Meo potrebbe anche pensare che la competizione interna, al massimo livello, sia la ricetta giusta per fare meglio. Ma non ci giurerei.

Mettetevi però nelle scarpe (sempre alla moda, “dans le vent” come dicono i francesi) di van den Acker. Che fareste? Il mitico Bob Lutz, tosto veterano dell’industria automobilistica di Detroit, amava ripetere che “un designer può avere torto, ma non deve mai dubitare”. Chissà che dubbi per l’olandese, per altro non pervenuto nel giorno della presentazione online del concept Mégane eVision.

Trattandosi di cose francesi (anche se l’unico con passaporto transalpino di questa storia è Vidal, e l’italiano Luca dovrà fare molta attenzione da questo punto di vista in un gruppo industriale d’esprit quasi più parigino che francese), mi faccio aiutare da cosa scrisse un giorno un altro francese, Albert Camus: “Ho capito che ci sono due verità, una delle quali non deve mai essere raccontata”.

@fpatfpat

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