L’amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne ha rinviato al 21 aprile – giorno di presentazione del piano di sviluppo quinquennale del gruppo – ogni nuova chiacchiera sull’ipotesi di scorporo o spin off. Ma a rilanciare il tema invertendo l’oggetto della separazione ci ha pensato Automotive News Europe, la rivista americana che ha scritto per prima dell’accordo Fiat-Chrysler.
Secondo il corrispondente europeo Luca Ciferri, Marchionne potrebbe scorporare non l’auto – che rimarrebbe il core business di Fiat Spa – ma i camion di Iveco e le macchine agricole e movimento terra della Case New Holland. Perché sarebbe molto più conveniente per il gruppo, stando anche a un recente report di Goldman Sachs: per Torino il business dell’automobile vale oggi il 20 per cento, Iveco il 34 e Cnh il 46. E tanto più che Chrysler – controllata oggi al 20 per cento dagli italiani, quota destinata a salire al 35 a determinati obiettivi raggiunti – è iscritta a valore zero nella spa torinese. In attesa che il marchio americano torni in borsa, probabilmente entro la fine del 2011.
E’ più conveniente scorporare Iveco e Cnh? «Lì vale tutto e il contrario di tutto», ci risponde uno dei circa novanta soci dell’accomandita, la cassaforte attraverso cui la famiglia Agnelli controlla il gruppo torinese. Insomma, nessuna smentita e molta cautela. Anche perché, per restare sempre in casa Fiat, c’è chi sostiene che bisognerà aspettare tra i 18 e i 24 mesi perché uno spin off (quale che sia) possa essere praticato. Nell’ipotesi rilanciata da Automotive News Europe, questi tempi potrebbero essere anticipati «di sei mesi», ma non di più. Iveco e Cnh rappresentano i due settori in cui la crisi globale ha colpito più duro e dunque non avrebbe senso (ma il discorso di questi tempi vale anche per l’auto) un loro scorporo a breve. Non per caso Marchionne stesso ha chiamato il tema un «tormentone».
«Iveco e Cnh al posto dell’auto? Non è la prima volta che se ne parla – ci dice Giorgio Airaudo, segretario della Fiom del Piemonte – anche se sono certo che Marchionne il 21 aprile non dirà nulla di definitivo né sullo scorporo né sul piano Fiat. Certo, potenzialmente questi due settori hanno più valore dell’automobile, ma per adesso Marchionne si può accontentare dei soldi pubblici che ha fin qui trovato, più quelli dei bond al 7,9 per cento a cinque anni. Governi e mercati hanno creduto in lui. Piuttosto, ha una proprietà che non lo sostiene molto e che adesso si riprende i soldi che ha messo nella fase più critica, tra il 2003 e il 2004. Più che dello scorporo, Marchionne avrebbe bisogno adesso di azionisti che lo aiutassero di più».

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